Le startup della moda: Stentle punta sull’omnicanalità
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Prosegue questo giovedì la quinta puntata della serie di interviste dedicate agli startupper, ossia agli imprenditori che hanno deciso di trasformare un’idea brillante, molto spesso legata alle tecnologie e al digitale, in una opportunità di business.
Questa serie è pubblicata a giovedì alterni su FashionUnited. Questa settimana abbiamo intervistato Alexio Cassani, ceo e co fondatore, assieme Maryana Matieva, di Stentle, una piattaforma di unified commerce in grado di fornire alle aziende della moda un’esperienza multicanale attraverso diversi punti di contatto, sia online, sia fisici. Gli altri soci sono Fabio croci, chief strategy officer e Massimiliano Davoli, chief technical officer.
Di cosa vi occupate esattamente?
Innanzitutto bisogna dire che in questo momento le barriere tra negozio fisico e online stanno scomparendo e il punto vendita come lo intendiamo oggi sarà presto trasformato da strumenti che facilitano e supportano l’esperienza d’acquisto in ogni suo momento. La nostra azienda nasce per unire mondo reale e virtuale. Stentle, che è nata per soddisfare i bisogni sia dei marchi, sia dei retailer, permette attraverso una sola piattaforma la vendita e la gestione dei dati del prodotto durante il suo intero ciclo di vendita: dal wholesale al business to consumer passando per i marketplace. i brand e i retailer possono attivare iniziative di ottimizzazione del ciclo di vendita mantenendo la proprietà dei dati generati, riducendo i tempi e senza dover possedere competenze di information technology. Stentle permette, attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e di dati aggiornati in tempo reale, di rendere più efficace la gestione delle vendite su marketplace esterni, personalizzare le offerte commerciali e i contenuti visualizzati dall’utente.
Come e quando nasce questa idea?
Arrivando dal mondo della consulenza e avendo realizzato progetti It per tante aziende della moda, mi ero reso conto che le problematiche in ambito tecnologico erano più o meno sempre le stesse e che poteva essere interessante fornire una piattaforma di ecommerce scalabile e flessibile per il mondo del fashion. L’idea alla base è di sfruttare la tecnologia per fare in modo che la piattaforma consenta l’integrazione dei dati e li renda disponibili in real time. Quando siamo partiti, due anni fa, eravamo in quattro, adesso siamo in 18 persone, motivo per cui ci stiamo trasferendo in una sede più grande, di circa 250 metri quadrati, in zona corso Como.
Dove avete trovato i capitali iniziali?
Noi soci ci siamo autofinanziati versando 90.000 euro.
Qual è il vostro target di clientela?
L’obiettivo è di soddisfare le esigenze delle piccole e medie aziende, ma non è detto che anche realtà più grandi possano trovare un’offerta adeguata presso di noi. Il nostro modello commerciale è ibrido, abbiamo pensato a un canone fisso e a un canone variabile legato al transato sulla piattaforma. Abbiamo messo a punto anche un’offerta ad hoc per le startup, parliamo di un pacchetto al di sotto dei 10mila euro annui. Al momento figurano tra i nostri clienti Eral55, Italiani e Pricebox, ma abbiamo anche clienti non verticali sul fashion ma che ci sono sembrati interessanti per vari motivi e che, quindi, abbiamo preso.
Come fate a farvi conoscere alle aziende del settore?
La reputation è indispensabile per una realtà come la nostra. Per farci conoscere meglio stiamo pensando di partecipare al Decoded fashion di Londra, abbiamo partecipato a fiere come Super, il salone milanese di Pitti Immagine, che ha cercato di creare un contatto tra i marchi e le startup, e intendiamo organizzare degli eventi nella nostra nuova sede milanese. Anche i media sono importanti per raccontare chi siamo e cosa facciamo.
Qual è il fatturato 2016 e quali le previsioni per l’anno in corso?
Il fatturato 2016 si è attestato a 500.000 euro, mentre per il 2017 prevediamo 1.400.000 euro.Quali sono le difficoltà iniziali incontrate?
Abbiamo avuto difficoltà ad accedere al credito. Se non hai una storia alle spalle e delle garanzie anche chiedere una carta di credito aziendale non è così banale. Su questo fronte devo dire che tornando indietro mi concentrerei maggiormente sul fundraising: insisterei di più su alcuni bandi per startup a cui non abbiamo partecipato perché eravamo già focalizzati sui clienti. Anche dal punto di vista delle assunzioni non è stato facile trovare l’interlocutore giusto, le società di consulenza non erano così preparate a seguire una realtà giovane come la nostra. Non è così immediato far comprendere che un contratto a tempo “indeterminato” è in realtà legato alla vita della startup.
Che consigli darebbe a chi vorrebbe lanciare una startup? ?
Innanzitutto suggerirei di trovare il modo di testare il mercato in tempi brevi e di trovare dei clienti che credano nell’iniziativa. Il tutto, però, cercando di difendere la propria strategia di prodotto.
La seconda puntata della serie startup della moda sarà pubblicata giovedì 13 aprile.
Foto: Stentle