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La moda responsabile parte dal tessile

Scritto da Isabella Naef

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Moda |INTERVISTA

Dai tessuti e filati riciclati o trasformati, alle certificazioni di prodotti organici, passando per l’ingredient branding, per i processi tecnologici innovativi, l’educazione, la formazione e la comunicazione responsabile: l’intervista che FashionUnited ha realizzato con Giusy Bettoni, fondatrice e ceo della piattaforma C.l.a.s.s, acronimo di Creativity lifestyle e sustainable synergy, affronta molti aspetti della moda sostenibile e responsabile.

Bettoni che, ha dedicato molti anni alla promozione e alla comunicazione di un messaggio chiaro legato a una produzione innovativa responsabile in ambito tessile, moda, casa e lifestyle, nel 2007 ha lanciato C.l.a.s.s., un’organizzazione progettata per unire il commercio con l’innovazione responsabile fornendo una library di tessuti e filati performanti e belli. Recentemente, inoltre, la società, attraverso C.l.a.s.s Education, ha messo a punto una serie di percorsi formativi per addetti ai lavori e per studenti. Tra questi, per esempio, è in agenda a Milano dal 10 al 16 luglio, Design responsability + Eco Smart textile Workshop. I dettagli di questo percorso formativo, il cui costo è di 2275 dollari, e altri corsi sono disponibili sul sito www.classecohub.org/.

Cosa significa sostenibilità nella moda?

Significa utilizzare tessuti, filati e materiali che sono accomunati da queste tre caratteristiche: bellezza, performance e responsabilità. I materiali che noi proponiamo a griffe e stilisti nella nostra library hanno queste caratteristiche. Devo dire che per noi un materiale entra nella library solo se è bello e innovativo. E’ totalmente cambiato, in questi ultimi anni, l’approccio sia da parte dei consumatori, sia da parte dei brand. I capi sostenibili non sono più rappresentati dalla t-shirt o da capi informi in cotone organico. La moda responsabile deve essere indossabile tutti i giorni, bella e confortevole.

Ma cosa è cambiato nel settore moda in tema di sostenibilità?E da parte del cliente?

Ora l'industria è tracciabile, abbiamo criteri per analizzare la qualità di un capo che non sono più quelli di una volta. Inoltre, la tecnologia dei biopolimeri offre il meglio del materiale naturale con una tecnologia elevata. A questo bisogna aggiungere il fatto che il tessile è una grande risorsa a livello economico. Da parte del consumatore cresce l'attenzione nell'andare a vedere cosa indossa, ossia l'ingredient branding. Certo, ciò non significa che tutti siano diventati esperti di filati, un po' come non tutti quelli che si interessano di cibo debbano diventare per forza chef.

I tessuti e le fibre che proponete da dove arrivano e chi sono le aziende che vengono da voi alla ricerca di materiali ottenuti da processi e tecnologie sostenibili?

Al momento abbiamo una selezione di una ventina di aziende, il 90-95 percento sono italiane, le rimanenti giapponesi. Ogni sei mesi rinnoviamo le proposte. Quanto alle aziende che si rivolgono a noi per cercare i tessuti e i materiali, devo dire che hanno un posizionamento trasversale: si va da Lvmh a Vf Corporatiion. Lavoriamo anche per fiere come Première Vision, che ci chiedono un aiuto per l’aspetto della comunicazione responsabile.

Che cosa si intende per fibre e filati sostenibili e quanto costano questi materiali?

Solo per fare qualche esempio posso citare un’azienda di Biella che utilizza gli scarti di cotone che arrivano dall'industria tessile del Bangladesh risparmiando l’80 percento di acqua. In questo caso le fibre sono totalmente trasformate attraverso un processo innovativo di filatura. Il prezzo di un filato di questo tipo è in linea con un prodotto di alta qualità. Ci sono molte aziende italiane che sono all’avanguardia in questo settore ma non lo comunicano perché pensano che non sia una cosa importante. Inoltre, comunicare che un prodotto è sostenibile è diverso dal comunicare solo moda.

Ma da parte delle case di moda si nota un aumento di sensibilità?

Sì, adesso c’è un livello alto di interesse. I big del settore cominciano a capire che queste fibre sono di alto livello e che si possono realizzare collezioni di qualità. Con i nostri workshop e con i corsi desideriamo aprire le porte all’industria che opera dietro a questi materiali

A chi si rivolgono i vostri corsi e chi sono i docenti?

Sia agli studenti che escono da percorsi formativi dedicati alla moda e dall’Università, sia agli operatori del settore. Per il momento come docenti ci siamo io e James Mendoliache è un professionista del settore moda e insegna anche alla Parsons School of Design di New York.

Qual è l’obiettivo delle giornate di studio e workshop?

Desideriamo condividere conoscenze, introducendo idee e presentando soluzioni eco smart ai professionisti del settore moda. Il programma offre un’ampia gamma di attività, un insight nella filiera tessile, la possibilità di avere un contatto diretto con i materiali, luxury fashion tour e workshop di eco-moda interattivi.

Foto: C.l.a.s.s, Foto: Giusy Bettoni


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