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Assocalzaturifici: a rischio 30mila posti di lavoro

Scritto da Isabella Naef

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"Il settore calzaturiero italiano è in ginocchio. Nel 2020 si è perso circa 1/4 della produzione nazionale (-27,1 per cento in quantità) e del fatturato complessivo (-25,2 per cento). Forti le riduzioni sia dell’interscambio commerciale (calo attorno al -18 per cento in volume sia per i flussi in uscita che in entrata), sia dei consumi interni (-23 per cento in spesa gli acquisti delle famiglie, malgrado un +17 per cento per il canale online, a cui va sommato il crollo dello shopping dei turisti). Questi i dati con cui, questa mattina, Assocalzaturifici ha lanciato un grido d'allarme per tentare di salvare il comparto.

Assocalzaturifici: "è necessario che i negozi possano aprire con continuità"

“La situazione è oltre la soglia critica", ha spiegato, in una nota, Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici. "Abbiamo un settore che lavora sulla produzione dell’anno successivo con una marcata stagionalità ed enormi costi fissi e di manodopera: siamo pertanto già certi di un 2021 disastroso e la verità è che senza misure forti e specifiche, purtroppo ci saranno molti posti di lavoro a rischio e chiusure aziendali appena finirà il periodo di blocco dei licenziamenti. Stimiamo siano a rischio fino a 30.000 posti di lavoro, a cui dovremo inevitabilmente sommare quelli dell’indotto e nella filiera a monte”.

Assocalzaturifici chiede che venga rivisto il criterio con cui si indennizzano le aziende

Al crollo dei livelli di attività nella prima parte dell’anno, causato da lockdown, ha fatto seguito, nei due trimestri successivi, solo un’attenuazione della caduta (rimasta peraltro a doppia cifra), anziché un rimbalzo, ha specificato il management dell'associazione.

"Abbiamo bisogno che il Governo ci dia certezze. È necessario che i negozi possano aprire con continuità perché la stagionalità non ci consente di recuperare sui costi di produzione. Gli stock a magazzino, accumulatisi con l’invenduto, e gli ordini non confermati, si svalutano compromettendo i bilanci delle aziende. Con una filiera in ginocchio non riusciamo a comprendere le ragioni perché di alcuni prodotti sia consentita la vendita permanente e per le calzature vi sia una esclusione. Abbiamo ormai perso 4 stagioni di vendita", ha aggiunto Badon.

In concreto, inoltre, l'associazione chiede che venga rivisto il criterio con cui si indennizzano le aziende, parametrando i sostegni alle perdite subite calcolate in base ai fatturati a cui devono essere sottratti i costi fissi non compensati dai ristori. Tale sistema sosterrebbe maggiormente le imprese ad alta intensità di occupazione e che maggiormente necessitano di essere sostenute, come quelle calzaturiere”.

“Auspichiamo, pertanto la decontribuzione per tutta Italia del 30 per cento di oneri previdenziali dovuti dal datore di lavoro, come da decreto agosto per le sole regioni del sud e una rapida approvazione dei decreti attuativi dell’art. 48bis del Decreto Rilancio, che, lo ricordo, introduce un credito d’imposta pari al 30 per cento del valore delle rimanenze a magazzino, ampliando le risorse e la percentuale a compensazione fiscale. Inoltre, abbiamo bisogno si riparta con le politiche di sostegno all’export. Le fiere sono un asset essenziale per le piccole e medie imprese", si legge nella nota.

Badon: "ci sono paesi nostri competitor che non hanno interrotto l’attività fieristica e non hanno subito alcuna impennata nei contagi”

“Chiediamo alle autorità preposte di disporre corridoi verdi in entrata per gli operatori commerciali che garantiscano una più snella e veloce concessione dei visti d’ingresso, ove necessario e al Ministero degli Affari esteri di lavorare per l’apertura di corridoi in uscita per garantire ai nostri imprenditori di poter tornare a incontrare i clienti durante gli eventi commerciali business to business. Ci sono paesi nostri competitor che non hanno interrotto l’attività fieristica e non hanno subito alcuna impennata nei contagi”", ha concluso Badon.

Foto: Pexels

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