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Calzaturiero: crescono export e spesa famiglie nel primo trimestre

Scritto da Isabella Naef

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Pexels, Alexandra Maria
L’industria calzaturiera italiana consolida il recupero avviato l’anno scorso, segnando nel primo trimestre del 2022 una crescita sia dell’export (+21,4 per cento a valore) sia della spesa delle famiglie (+20,6 per cento). Questi i dati del settore diffusi oggi dal Centro studi di Confindustria moda per Assocalzaturifici, presentati in occasione dell’assemblea nazionale dell’associazione assieme ai consuntivi per il 2021, un anno che ha visto il fatturato complessivo del comparto tornare a 12,7 miliardi di euro (+18,7 per cento, ma ancora al di sotto dell’11 per cento rispetto ai 14,3 miliardi del 2019 pre�Covid) e la produzione nazionale a 148,8 milioni di paia (+13,8 per cento).

Veneto e Toscana si confermano ai primi due posti per esportazioni

Nella prima frazione del 2022, fatturato, produzione industriale, export e consumi interni hanno registrato crescite a doppia cifra sull’analogo periodo del 2021. Ciò ha favorito, sul fronte occupazionale, un primo allentamento delle tensioni: malgrado sia proseguito il calo delle imprese attive (-36 il saldo da inizio anno), a fine marzo è emersa un’inversione di tendenza nel numero di occupati, con un timido rimbalzo rispetto al dicembre scorso (+209 unità, +0,3 per cento), dopo il trend decisamente negativo degli anni recenti (-4.300 occupati solo nell’ultimo biennio).

“Il consolidamento del recupero avviato nel 2021 è offuscato da nubi all’orizzonte. Gli effetti del conflitto russo-ucraino, l’impennata dei costi energetici e la mancata attenuazione dei listini delle materie prime frenano la ripresa”, ha sottolineato Siro Badon, presidente Assocalzaturifici.

Il ritorno a ritmi di attività meno penalizzanti rispetto a quelli dei mesi di pandemia ha indotto anche un forte ridimensionamento nel ricorso agli ammortizzatori sociali (-72 per cento nei primi 5 mesi a confronto col 2021), benché il numero di ore autorizzate nella filiera pelle (7,1 milioni) risulti ancora più che doppio (+121 per cento) se raffrontato con quello di gennaio-maggio 2019, si legge in una nota di Assocalzaturifici.

“Il progressivo recupero che stava riportando le aziende del settore ai livelli pre-pandemici (quasi due imprese su tre hanno chiuso il 2021 con fatturato ancora inferiore a quello 2019) ha dovuto però fare i conti, da fine febbraio, con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, e con il conseguente crollo, a partire da marzo, dei flussi a loro diretti (-52 per cento in valore nel bimestre marzo-aprile le vendite ai due mercati). Particolarmente colpiti, ovviamente, i distretti calzaturieri tradizionalmente esposti in queste aree (in primis quelli marchigiani e romagnoli), che hanno registrato l’annullamento delle spedizioni di merce in consegna e degli ordinativi in portafoglio", ha specificato Badon.

Analizzando nel dettaglio i dati del primo trimestre emerge come gli acquisti delle famiglie italiane presentino nei primi 3 mesi 2022 incrementi del +15,4 per cento in quantità e del +20,6 per cento in spesa sullo stesso periodo 2021, ma tuttora gap attorno al 10 per cento con la situazione pre-emergenziale. I recuperi più robusti in termini percentuali hanno interessato i comparti che avevano maggiormente sofferto nel 2020 gli effetti del lockdown e delle restrizioni, vale a dire quelli delle scarpe classiche per uomo e donna (che mostrano entrambi aumenti nell’ordine del 30 per cento, sia in paia che in valore, sui primi 3 mesi 2021).

Per quanto riguarda lo shopping dei turisti in Italia è ben lungi dall’aver recuperato i livelli 2019, malgrado la parziale ripresa degli arrivi nel 2021 e un avvio di 2022 incoraggiante grazie al miglioramento nell’evoluzione pandemica. Sul versante estero, si segnalano incrementi dell’export del +11,7 per cento in quantità e del +21,4 per cento in valore sui primi 3 mesi 2021 (+8,7 per cento i prezzi medi).

Per quanto riguarda l’andamento regionale, Veneto (+10,7 per cento in valore su gennaio-marzo 2021) e Toscana (+26,6 per cento) si confermano ai primi due posti per esportazioni (assieme coprono poco meno della metà del totale Italia del periodo analizzato), seguite dalla Lombardia (+33 per cento). Nell’ordine del 20 per cento gli aumenti per Puglia (+22,3 per cento), Emilia Romagna (+20,1 per cento, malgrado il - 1 per cento di Forlì-Cesena) e Marche (che fanno segnare un +19 per cento).

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