Ciesse Piumini punta a 40 milioni di fatturato entro il 2024
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E' il piumino italiano per antonomasia dagli anni '70 ed è stato recentemente acquisito dalla società di investimento Mittel spa: Ciesse Piumini si accinge a sbarcare su nuovi mercati sfruttando una strategia omnicanale e puntando sull'italianità del marchio, sull'etica, sulla sostenibilità e rafforzando il posizionamento di prodotto con un ottimo rapporto prezzo qualità.
Ciesse Piumini, insieme a West Scout e a Ciesse Outdoor (che sarà ribattezzato Ciesse Active) fa capo alla Sport Fashion Service srl il cui 90 per cento delle quote è stato acquisito da Mittel spa. Il brand, che è stato fondato nel 1976 da Silvano Cinelli, le cui iniziali firmano il nome del marchio e il cui logo ritrae il ligrone, un raro felino avvistato per la prima volta nel parco zoo francese di Thoiry, ha sede a Pomezia, dove sono concentrate le attività di sviluppo prodotto, commerciali, e outlet, mentre la produzione avviene presso partner in Cina.
L'azienda conta una quarantina di dipendenti e si appresta ad assumere nuove risorse, soprattutto nel marketing e nel digital, come ha raccontato a FashionUnited, Fabio Primerano, presidente di Sport Fashion Service.
Quali sono oggi i vostri principali mercati e quali sono quelli su cui punterete maggiormente nei prossimo anni?
Il mercato più importante è l'Italia che oggi conta per circa il 90 per cento del fatturato. Si tratta di un Paese dove abbiamo ancora buone opportunità di crescita. Sto facendo riferimento agli ampi margini di miglioramento che vedo su Triveneto, Lombardia e Liguria. Il Giappone è un altro mercato importante, così come lo sono Austria, Germania e Norvegia, dove siamo presenti anche con West Scout, etichetta dedicata all'abbigliamento da sci. Svilupperemo anche la Spagna e la Svizzera. Accanto a Ciesse Piumini e a West Scout abbiamo anche la linea Ciesse Outdoor che sarà ribattezzata Ciesse Active.
Qual è il fatturato 2019 e quali sono gli obiettivi del giro d'affari da qui a qualche anno?
Il 2019 si chiuderà con un giro di affari intorno ai 25,6 milioni di euro circa, con l'ebitda intorno al 20 per cento, pari a 5 milioni di euro. Il 2020 sarà un anno di crescita ed entro il 2024 contiamo di raggiungere i 40 milioni di fatturato.
Come vi organizzerete a livello distributivo? Punterete molto sull'ecommerce?
L'idea è di operare in un'ottica multicanale. Stiamo rivedendo tutta la strategia digitale e a fine piano, ossia nel 2024, l'80 per cento delle vendite dovranno essere inizializzate o concluse sul digitale. Nel 2020 apriremo uno showroom a Milano dove contiamo di interagire direttamente con il cliente finale, attraverso mostre ed esposizioni. C'è anche l'eventualità che lo showroom si trasformi in un punto vendita. L'ecommerce, aperto recentemente, continuerà a operare e rientra nella strategia digital che stiamo mettendo a punto. Oggi possediamo anche 4 outlet: a Serravalle. a Pomezia, a Barberino e a Ovindoli.
Chi è il cliente di Ciesse Piumini?
Oggi è un cliente di 40-55 anni, uomo e donna, con una scolarità media, generalmente impiegato, che sceglie Ciesse per l'ottimo rapporto qualità prezzo (il piumino ha un prezzo di 199 euro, ndr). Desideriamo anche abbassare l'età del target e puntare alla generazione dei millennial e alla generazione z, stiamo lavorando a questo obiettivo sia attraverso la strategia digital, sia attraverso la creazione di punti di contatto con questa tipologia di clienti nello showroom, che sarà inaugurato nel 2020, e anche con un evento durante la fashion week milanese di febbraio 2021.
Nella moda la sostenibilità è uno dei temi caldi: cosa state facendo e come vi muoverete su questo fronte?
In primo luogo devo dire che i nostri piumini sono tutti in piuma certificata che deriva dal mercato alimentare, ossia dalle oche e dalle anatre della catena alimentare mondiale. Utilizziamo solo quelle in un'ottica di percorso sostenibile. Inoltre, realizziamo anche piumini che derivano da materiali riciclati o riciclabili che, quindi, hanno un impatto nullo sull'ambiente. Per quanto riguarda la produzione e la distribuzione stiamo pensando a un codice etico, ci stiamo dando delle regole e desideriamo che anche i fornitori le seguano. Penso, per esempio, alla certificazione B Corp, non è solo il brand a dover ottenere questa certificazione, ma anche i fornitori del marchio stesso.
Foto: Fabio Primerano, dall'ufficio stampa Ciesse Piumini