• Home
  • News
  • Business
  • Italia blindata fino al 13 aprile; molti negozi rischiano di chiudere per sempre

Italia blindata fino al 13 aprile; molti negozi rischiano di chiudere per sempre

Scritto da Isabella Naef

loading...

Scroll down to read more
Business

Negozi chiusi fino al 13 aprile, ma probabilmente anche oltre. Ieri, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella sua ormai consueta diretta televisiva e via social network, ha annunciato che le rigide misure adottate per sconfiggere la pandemia da Covid-19 saranno prorogate fino al 13 aprile, in quanto "allentare le misure ora renderebbe vani i nostri sforzi".

Non è escluso che la chiusura dei negozi venga ulteriormente prorogata con enormi danni economici, ricadute sul fronte occupazionale e con il rischio che molte insegne non riaprano più. “Se non ci sarà un piano d’intervento strutturato, alla fine della crisi, molti negozi rischiano di non riaprire”, ha detto Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, in un’intervista rilasciata a Repubblica.

"Dal momento in cui ci sarà un calo dei contagi potremo iniziare a pensare a un allentamento delle misure, ma non siamo nella condizione di dire quando. Quando gli esperti ce lo diranno, entreremo nella fase due, di allentamento, e poi nella fase tre, di ricostruzione e rilancio della vita sociale ed economica. Non è detto, però, ha precisato Conte, che la fase due inizi il 14 aprile".

Insomma, non ci sono certezze nè un programma di massima, ma le ripercussioni sull'economia, sul commercio e sulle aziende ci saranno, purtroppo, sicuramente, con inevitabili ricadute anche in termini occupazionali.

Numeri alla mano, l'Ufficio studi di Confcommercio ha previsto un calo del 3 per cento del Pil nel caso in cui il Paese “riaprisse” a ottobre. In questo caso, alberghi, ristorazione, trasporti e tempo libero sarebbero i settori più colpiti.

Non tutti i cittadini hanno la percezione della crisi economica che la "chiusura" dell'Italia comporta

“Con il protrarsi delle chiusure delle attività produttive e di quelle del terziario, come il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti e le professioni, e con la prospettiva che questa situazione si prolunghi nel tempo, la situazione economica e il calo dei consumi sono destinati a peggiorare. E, nella difficoltà di prevedere a breve il ritorno a una situazione “normale”, rischia di saltare la previsione più ottimistica che era quella della “riapertura” dell’Italia a giugno che avrebbe comportato, per il 2020, la perdita di 1 punto di Pil e 18 miliardi di consumi.

Tra i settori che saranno più colpiti: alberghi e ristorazione (-23,4 miliardi di consumi nel 2020), cultura e tempo libero (-8,2 miliardi), abbigliamento (-6,6 miliardi)

Si fa, quindi, secondo Confcommercio, "più realistica l’ipotesi della riapertura del Paese solo all’inizio di ottobre, con una riduzione dei consumi di oltre 52 miliardi e un calo del Pil di circa il 3 per cento, stime che incorporano anche gli aiuti stanziati con l’ultimo decreto".

Questo quanto previsto dall’Ufficio Studi Confcommercio sugli effetti del lockdown a causa del coronavirus. In quest’ultima ipotesi i settori che saranno più colpiti sono: alberghi e ristorazione (-23,4 miliardi di consumi nel 2020), trasporti e acquisto autoveicoli (-16,5 miliardi), cultura e tempo libero (-8,2 miliardi), abbigliamento (-6,6 miliardi).

“E’ evidente che tutte le misure annunciate dalla Bce per evitare che dal settore reale la crisi migri a quello finanziario, così come i diversi interventi progettati a livello internazionale per assicurare un movimento ordinato del rendimento dei titoli sovrani dei diversi Paesi, non potranno evitare la recessione, ma ne mitigheranno l’impatto favorendo le condizioni di ripresa una volta superata l’emergenza sanitaria”, ha concluso l'Ufficio studi.

In questo scenario, almeno dalle piazze virtuali dei social, i luoghi di aggregazione, ma con distanziamento sociale, che hanno sostituito i bar, le palestre, i ristoranti, i tradizionali aperitivi e le fiere (tutte cancellate), pare evidente che in molti non si rendano conto della crisi che seguirà a questa emergenza sanitaria.

Con l'hashtag "io resto a casa" o "andrà tutto bene" sembra che una parte della popolazione sottovaluti la situazione e che ritenga che con lo stare a casa tutto magicamente si risolverà.

In realtà una prima doccia fredda è arrivata ieri, quando l'esercito di partite Iva si è prodigato per fare la domanda per ottenere i famosi 600 euro previsti da decreto "Cura Italia".

Il sito dell'Inps, come era ampiamente prevedibile, è andato in tilt. Il presidente dell'Istituto nazionale di previdenza sociale, Pasquale Tridico, ha cercato di correre ai ripari, spiegando che non è necessario correre immediatamente a presentare le domande per ricevere i vari bonus varati dal governo. Ma tant'è: il ritmo delle domande era di 100 al secondo.

Una situazione che la dice lunga sul danno economico che questa emergenza sanitaria sta causando a molti lavoratori autonomi (ma non solo ovviamente) e che dovrebbe far riflettere e portare all'adozione di un piano di rilancio e un programma di riaperture certo e che tenga conto effettivamente di tutte le variabili in gioco, come, per esempio, la sopravvivenza d‭i tutte le categorie sociali.

Foto: Negozi chiusi a CityLife, credit FashionUnited

Confcommercio
Coronavirus
cura italia
partite iva