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Le dure condizioni dei lavoratori della pelle in Pakistan

Scritto da Isabella Naef

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Non tutti conoscono le condizioni dei lavoratori della pelle in Pakistan e, talvolta, ignorano che le proprie scarpe o i giubbotti di pelle che indossano arrivino proprio da li. In effetti, il Pakistan è il più grande produttore di pelle al mondo.

Somo, NowCommunities e Oxfam hanno pubblicato una ricerca sull'industria pachistana

Molto spesso, però, i lavoratori operano in condizioni disumane, con macchinari non sicuri e senza protezione dalle sostanze tossiche. Una decina di giorni fa le organizzazioni no profit Somo (Centre for Research on Multinational Corporations, fondata nel 1973), NowCommunities (National Organization for Working Communities, realtà pachistana nata nel 2007) e Oxfam (confederazione internazionale specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo) hanno deciso di pubblicare un'indagine sulle condizioni di lavoro degli operai di questa industria, mentre Asim Rafiqui, fotografo di Noor (associazione di fotogiornalisti), ha documentato con le immagini quello che succede in queste fabbriche in Pakistan.

Numeri alla mano, il Pakistan produce circa 4500 tonnellate di pelle all'anno. Circa la metà finisce in Europa e serve per produrre scarpe, abiti, valigie o altri accessori.

Molte aziende pachistane si trovano a Sialkot, Lahore e Karachi. Ci sono numerose fabbriche "integrate", in cui la pelle viene tinta e trasformata in capi di abbigliamento in pelle. Le pelli che vengono utilizzate provengono da mucche, bufali, capre e pecore.

Le pelli animali si trasformano in pelle attraverso il cosiddetto processo 'wet-blue'. Grandi tamburi di legno sono riempiti con acqua e cromo, un composto di sale ottenuto da metallo cromato. Questi tamburi ruotano per un periodo compreso tra le due e le 24 ore. I lavoratori spesso non hanno le scarpe o dispositivi di protezione in un ambiente molto umido e molto caldo pieno di gas tossici. Questo provoca malattie alle vie respiratorie e le infezioni della pelle.

La storia di Muhammad

Muhammad soffre di insufficienza renale acuta, una malattia iniziata 14 anni fa. A quel tempo, stava lavorando con una macchina in conceria, in un ambiente estremamente caldo. Soffre di costante disidratazione ed è in dialisi. Nel frattempo, continua a lavorare nella stessa fabbrica anche se è stato spostato in una postazione di lavoro meno faticosa. Muhammad non ha ricevuto alcun compenso per la sua malattia, ed è costretto a programmare la sua dialisi fuori dell'orario di lavoro. Se il suo trattamento di dialisi interferisce con il suo orario di lavoro, ha detto l'operaio, il suo datore di lavoro riduce la sua paga.

Sciacquare, asciugare e stizzare

Quando le pelli escono dai tamburi sono bagnate e blu, da qui il nome 'wet-blue'. Le pelli vengono drenate, risciacquate e asciugate e, in alcuni casi, allungate. Poi sono preparate per il processo di 'rasatura' in una macchina per uniformare lo spessore. La ricerca di Somo ha rivelato che queste macchine sono sufficientemente protette in un terzo delle aziende. Molti lavoratori intervistati hanno detto che i colleghi hanno perso le loro mani o le braccia lavorando con queste macchine.

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Secondo la legge pakistana, i datori di lavoro sono tenuti a fornire dispositivi di protezione per le persone che lavorano con il cromo. Attraverso le indagini e le interviste effettuate dalle associazioni no profit che hanno pubblicato la ricerca, con i lavoratori delle concerie a Karachi, è risultato chiaro che semplici dispositivi di protezione come guanti e maschere, spesso non sono forniti. I lavoratori non sono consapevoli della necessità di utilizzare questi strumenti, né sono sufficientemente preparati per utilizzare un macchinario pesante. Le macchine non hanno misure di protezione e di sicurezza adeguate e lo stress per conformarsi alle quote di produzione porta a incidenti in cui i lavoratori perdono le mani e le braccia.

Le pelli sono verniciate e oliate e poi essiccate, il che si traduce in un prodotto intermedio commerciabile chiamato 'crosta di pelle'. Una parte di questo prodotto è quindi pronto per essere esportato. Le altre pelli vengono trattate in Pakistan e trasformate in prodotti finiti. Per rendere la pelle adatta a essere trasformata in indumenti, viene dato vita a un processo chiamato 'finitura secca' in cui l'aspetto e le proprietà per l'utilizzo finale sono migliorate. Questo può comportare l'applicazione di un rivestimento superficiale, e processi meccanici come la lucidatura, lo spolveramento e l'appiattimento.

Condizioni di lavoro pericolose e salari insuffcienti

Di fronte a condizioni di lavoro pericolose e insalubri, i lavoratori hanno spesso difficoltà a sbarcare il lunario. I loro stipendi sono molto al di sotto del costo della vita: 14.000 rupie (il minimo legalmente permesso) meno di 119 euro al mese. Questo non è abbastanza per comprare tre pasti al giorno, per non parlare di affittare una casa o di nutrire una famiglia. Asia Floor Wage, una coalizione internazionale di organizzazioni sindacali, calcola che il salario minimo mensile per vivere in Pakistan per il 2015 doveva essere di 31.197 Rupie (278,42 euro).

L'incapacità di pagare un affitto, cibo e medicine costringe alcuni degli operai a prendere ripetutamente prestiti dai loro datori di lavoro. Questo crea ulteriori problemi, visto che, a volte, i genitori devono chiedere ai figli di iniziare a lavorare in modo che la famiglia possa pagare i loro debiti.

Le fabbriche utilizzano un sistema di "quote" mediante cui i lavoratori sono pagati le loro ore quotidiane se riescono a soddisfare le loro "quote" di produzione. Tuttavia, le quote sono costantemente troppo alte. I lavoratori sono tenuti a lavorare più ore e più rapidamente. Spesso lavorano senza prendere alcun pausa per andare in bagno o per bere l'acqua.

Una gran parte dei lavoratori nelle aziende di pelle non vengono assunti dalle aziende. Nella ricerca è evidenziato che il 95 percento dei lavoratori è assunto attraverso appaltatori di manodopera. Questo li rende molto vulnerabili. Spesso non hanno un contratto legale e sono costretti a lavorare straordinari non pagati. Se si lamentano vengono licenziati.

Cosa può fare l'Unione europea?

L'Unione europea ha siglato un accordo commerciale speciale con il Pakistan (e con alcuni altri paesi in via di sviluppo), che prevede riduzioni tariffarie di commercio a condizione che il Pakistan implementi le principali convenzioni internazionali in materia di diritti umani e del lavoro. Tuttavia, l'Ue, lamentano le associazioni autrici del Report, non controlla sufficientemente se vengono soddisfatte queste condizioni. L'Ue, sottolinea Sumo, dovrebbe migliorare con urgenza il suo monitoraggio.

Foto: Asim Rafiqui, Noor
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