Moda maschile in recupero nel 2021
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Il menswear è in recupero. Stando ai dati del Centro Studi di Confindustria moda per Smi (Sistema moda Italia) sulla base delle indicazioni provenienti dalle indagini campionarie interne nonché sulla base dell’andamento congiunturale del quadro macroeconomico di riferimento, diffusi da Pitti Uomo, kermesse al via oggi a Firenze, la moda maschile italiana (in un’accezione che comprende la confezione e la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) dovrebbe archiviare il 2021 con un fatturato in recupero del +11,9 per cento, a quota 9,1 miliardi di euro. Nonostante ciò, il recupero rispetto ai livelli pre-Covid è stato solo parziale (970 circa milioni in valore assoluto) rispetto alle perdite totali accusate nel corso del 2020 (prossime ai 2 miliardi). A confronto con il turnover del 2019, quello raggiunto nel 2021 è previsto ancora inferiore del -9,9 per cento.
Export: primo mercato di sbocco del menswear made in Italy è la Svizzera
Con riferimento ai singoli micro-comparti qui esaminati, nel 2021 sono tutti interessati da un ritorno in territorio positivo; fa eccezione il segmento delle cravatte, che, pur decelerando in maniera significativa rispetto al ritmo di caduta archiviato nel 2020, resta caratterizzato da una dinamica di segno negativo.
A fronte di una bassa crescita dei flussi di importazioni dall’estero, nel 2021 il valore della produzione presenta un rimbalzo, stimato nella misura del +7,0 per cento rispetto al 2020.
Per l’export Confindustria moda stima una variazione su base annua pari al +11,2 per cento; il livello complessivo delle vendite estere passerebbe, dunque, a poco più di 6,5 miliardi di euro. L’incidenza dell’export sul fatturato totale del comparto risulterebbe, pertanto, pari al 71,3 per cento. Relativamente all’import, crollato del -20,2 per cento nel 2020, si profila una crescita tuttavia ben più modesta rispetto a quella dell’export, stimata al +1,7 per cento nei dodici mesi; l’ammontare totale delle importazioni settoriali passerebbe così sui 3,8 miliardi.
Visto il suddetto andamento degli scambi con l’estero, per l’attivo commerciale settoriale si prevede un incremento (stimato in 593 milioni in meno rispetto al consuntivo 2020); il surplus complessivo dovrebbe salire, infatti, 2.741 milioni nell’intero anno, in aumento anche rispetto al dato 2019.
“Un quadro maggiormente dettagliato relativamente alle performance della moda uomo sui mercati internazionali si ottiene dall’analisi dell’interscambio con l’estero nei primi nove mesi del 2021. In tale periodo, sulla base dei dati Istat disponibili alla data di chiusura della presente Nota, sia le vendite estere sia le importazioni, dopo il cedimento del 2020, sono tornate interessate da dinamiche di segno positivo, quanto meno a livello complessivo di comparto”, si legge nella nota di Confindustria moda. A questo risultato si è giunti dopo un primo trimestre archiviatosi ancora in flessione (con export in calo del -13,6 per cento e un import del -2,7 per cento), ma anche dopo un secondo trimestre, in cui si è registra un rimbalzo dell’82,6 per cento nel caso delle vendite estere e del +16,3 per cento nel caso delle importazioni, confrontandosi d’altronde in larga parte con il periodo del primo lockdown 2020. Sotto il profilo geografico, per le principali macro-aree si rileva un ritorno alla crescita a eccezione delle forniture extra-Ue. Gli scambi Ue crescono del +20,1 per cento in termini di export e del +12,5 per cento in termini di import; le piazze extra-Ue, invece, presentano una crescita del +6,1 per cento lato export e, viceversa, una contrazione del -6,0 per cento lato import.
Circa le principali destinazioni, nel periodo in esame il primo mercato di sbocco del menswear made in Italy è risultato la Svizzera, principale hub logistico-commerciale del lusso, in aumento del +14 per cento. Questo Paese assorbe l’11,9 per cento del totale esportato. Seguono, quindi, Germania e Francia, rispettivamente interessate da una dinamica del +19,8 per cento e del +20,3 per cento.