Pineider punta a un fatturato di 30 milioni di euro sul lungo periodo
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Quando l'industria della moda italiana si vanta della sua lunga storia e del suo successo il pensiero va a grandi sarti come Valentino, Gianfranco Ferrè, Armani, a Mila Schön, a Krizia, a Roberta di Camerino ma anche a brand di nicchia come Pineider che, in barba ai suoi oltre 240 anni di storia (fu fondato a Firenze nel 1774), continua una produzione raffinata di articoli di pelletteria e per la scrittura. Dagli anni '90 in poi, dopo essere stato ceduto dalla famiglia fondatrice, i Pineider, il marchio ha registrato diversi passaggi di proprietà: prima è stato rilevato dalla Invest Group con l'obiettivo di essere trasformato nel brand della pelletteria maschile del gruppo Gucci, poi ceduto alla Panini, in seguito rilevato dalla famiglia Corona, poi passato al gruppo Hopa di Emilio Gnutti, infine, tre anni fa, è stato ceduto alla famiglia Rovagnati. Oggi, quindi, dopo un periodo nel bresciano, la sede è tornata a Firenze, precisamente a Bagni a Ripoli, e il management ha dato vita a una nuova strategia retail che poggia saldamente anche sul digitale, e a un piano di comunicazione che fa dell'heritage la sua colonna portante. FashionUnited ne ha parlato con Giuseppe Rossi, direttore generale di Pineider.
A che punto siete della strategia di rilancio del marchio acquisito tre anni fa?
Quando l'azienda è stata rilevata dalla famiglia Rovagnati siamo partiti con la riorganizzazione focalizzandoci su un made in Italy genuinamente fiorentino. Inizialmente ci siamo affidati a dei consulenti e poi abbiamo ricostruito l'azienda puntando su tre ambiti: carta, penne, pelle. Oggi siamo una trentina di persone tra amministrazione, sviluppo prodotti e negozi.
Sul piano retail state pensando a nuove aperture?
Al momento abbiamo due monomarca, uno a Firenze e l'altro a Roma. Quest'ultimo traslocherà a breve da via dei Due Macelli a via del Leoncino, a due passi da via dei Condotti. A settembre apriremo un flagship store a Milano, in via Manzoni, al civico numero 12. Attualmente abbiamo anche degli shop in shop alla Rinascente di Milano, presso Isetan a Tokyo e presso Beymen, a Istanbul.
Avete un ecommerce?
Si, certamente. Come sono solito dire siamo una startup con oltre 240 anni di storia e, quindi, la digitalizzazione sia a livello di strategia comunicativa, sia come canale di vendita fa parte del nostro Dna, Attualmente, oltre a presidiare tutti i principali social media, come Instagram, Facebook e Linkedin, i prodotti a marchio Pineider sono venduti sul nostro ecommerce e su Mr Porter. Siamo assolutamente convinti che l'ecommerce abbia grandi potenzialità.
Qual è il vostro approccio alla sostenibilità, altro tema di forte attualità?
Anche in questo caso, essendo storici ma avendo creato una new company, siamo nati eco-friendly, sia per quanto riguarda la carta, sia per la pelletteria. Tutti i nostri pellami sono a bassissimo impatto ambientale: i nostri fornitori hanno certificazioni di ogni tipo su questo fronte. Inoltre, abbiamo anche una linea in concia vegetale.
Come si declina la vostra offerta?
Come anticipato, oltre alla carta e alla scrittura abbiamo una linea di pelletteria distinta in articoli di piccola e grande pelletteria. Siamo rimasti fedeli alla storia di Pineider marchio da sempre legato ai momenti importanti della vita: penso alle partecipazioni di matrimonio, così come alle cartelle e borse da lavoro regalate dai genitori ai figli al momento del primo impiego. Naturalmente la gamma dei prodotti di grande pelletteria è destinata al viaggio. I colori degli articoli sono i classici: il nero, il blu, il testa di moro, il verde serpentino. A queste tonalità aggiungiamo, via via, cromie legate alla stagione.
In che fascia di mercato vi posizionate?
Siamo nella fascia di altissimo di gamma in termini di qualità. Per quanto riguarda i prezzi della pelletteria siamo in un range che va dai 100 ai 350 euro per i small leather good, e dagli 800 ai 1500 euro per i large leather good.
Qual è il vostro fatturato e quali gli obiettivi del giro d'affari sul lungo periodo ?
Il 2019 si è chiuso a circa 4 milioni di euro e per il 2020 prevediamo un giro d'affari in linea con l'anno precedente. Se devo fare una proiezione temporale da qui a qualche anno posso dire che puntiamo a un fatturato di 30 milioni di euro. Oggi il mercato italiano per noi conta circa il 40 per cento del fatturato. Europa, Usa e Giappone fanno il resto.
Può parlarci della campagna di comunicazione che avete appena lanciato ?
A partire da maggio abbiamo introdotto un progetto di comunicazione che racchiude tutti gli ideali dell’azienda: il racconto per immagini si snoda tra sito web, canali social, campagne pubblicitarie e prosegue tra cataloghi e brand book. “Future means", questo il nome della campagna di comunicazione, significa innanzitutto scommettere su quattro valori inesauribili: lo spirito umanista che eleva l’interiorità di ogni persona; il potere di dare forma a un futuro plasmato su misura; la ricercatezza dell’eleganza al di là delle mode e delle convenzioni, per distinguersi in ogni epoca; la sicurezza in sé stessi e il coraggio di unire tradizione e contemporaneità, proponendo creazioni dallo stile intramontabile e ricercato nei dettagli. Abbiamo individuato tre talenti in grado di descrivere forme e sfumature delle novità: Enrico Dal Buono, scrittore e giornalista; Amina Marazzi Gandolfi, fotografa; Antonio Dikele Distefano, scrittore, sceneggiatore e giornalista.
Foto: Giuseppe Rossi e immagini della campagna "Future Means", dall'ufficio stampa Pineider