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Confcommercio: negli ultimi 10 anni sparite centomila attività commerciali

Scritto da Isabella Naef

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Pexesl, Dids
L'Ufficio studi di Confcommercio sulla demografia d'impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro studi delle Camere di Commercio, Guglielmo Tagliacarne, ha evidenziato che negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. A crescere sono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio.

Insomma, c'era una volta il commercio, scrive, in una nota, Confcommercio. "Complessivamente, la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione", ha sottolineato il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella.

Numeri alla mano, tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila).

Federmoda chiede il rilancio dei centri storici, indispensabile patrimonio di identità e cultura

“La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Pnrr e il coinvolgimento delle parti sociali”, ha sottolineato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commentando l’analisi dell’Ufficio Studi della Confederazione sulla demografia di impresa nelle città italiane:

Anche Federazione moda Italia condivide le preoccupazioni di Sangalli sul rischio di desertificazione commerciale dei centri storici italiani, dove i negozi della moda contribuiscono a garantire vitalità, servizi e sicurezza, e l'opportunità di accelerare il processo di riqualificazione urbana. È di 11.150 negozi la perdita registrata in Italia nel solo settore moda, abbigliamento, calzature, accessori, pelletterie, tessile casa e articoli sportivi con 11.181 addetti che hanno perso il loro posto lavoro negli ultimi tre anni. "La moda è un indispensabile attrattore per il nostro Paese ed è capace di creare nuovi posti di lavoro. Proprio in questi giorni di fashion week milanese ne abbiamo visto il potenziale. Ma lo shopping tourism da solo non può bastare. Occorre anche intervenire con azioni mirate e un impegno corale da parte di tutti gli attori come Regioni, Comuni e Camere di commercio, in collaborazione con le Associazioni di categoria, per salvaguardare un indispensabile patrimonio di identità e cultura, anche utilizzando al meglio le risorse del Pnrr", ha detto il presidente nazionale di Federazione moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni.

Cambia il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi

Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.

A cambiare è anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5 per cento, mobili e ferramenta -30,5 per cento, abbigliamento -21,8 per cento) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6 per cento, computer e telefonia +10,8 per cento), attività di alloggio (+43,3 per cento) e ristorazione (+4 per cento).

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle città italiane dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20 per cento), spiega l'ufficio studi. "Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale", prosegue la nota.

Confcommercio
federmoda