Contraffazione e frodi online: i giovani influencer tra i soggetti criminali coinvolti
loading...
Gli influencer agiscono come intermediari per collegare i consumatori con i fornitori di falsi
Questi alcuni dei dati contenuti nel rapporto finale del progetto Fata, From awareness to action, prima ricerca in Italia che analizza in modo sistematico l’evoluzione e i modi operandi della contraffazione nei mercati online. Lo studio è frutto di una collaborazione tra Università Cattolica del Sacro Cuore, con il suo spin-off Crime&tech, e il Dipartimento della pubblica sicurezza, con il supporto di Amazon.
Il rapporto è basato sull’analisi di numerosi casi studio a livello nazionale e internazionale e interviste con i principali stakeholder del settore pubblico e privato. In particolare, lo studio ha evidenziato anche la collaborazione tra più soggetti criminali – gruppi di criminalità organizzata, giovani influencer, broker informatici e professionisti.
In particolare lo studio evidenzia che oltre ai soggetti coinvolti nel confezionamento e produzione di falsi, le nuove forme della contraffazione online vedono la partecipazione di diversi altri attori criminali, con ruoli ed expertise diversi. Gli influencer, per esempio, sono attori individuali, spesso di giovane età, che agiscono come intermediari sui social network e nei forum dei mercati online per attirare consumatori e collegarli con i fornitori di falsi, spesso localizzati in paesi asiatici e pronti a spedire direttamente i beni ai consumatori finali usando piccole spedizioni (small parcel) attraverso il sistema postale.
I broker e sviluppatori, spesso dell’Est Europa e area russofona, supportano contraffattori e gruppi criminali nello sviluppo e gestione di servizi informatici collegati alla vendita di falsi sul web, tra cui lo sviluppo e gestione di siti fraudolenti e siti ‘clone’; lo sviluppo di ‘carrelli’ elettronici e sistemi di cash-out fraudolenti. E ancora, lo sviluppo e fornitura di software malevoli da veicolare tramite siti web e marketplace fraudolenti e lo sviluppo di sistemi di produzione automatica di contenuti poi utilizzati in forum e chat per pubblicizzare beni contraffatti o siti fraudolenti (spam-bot).
Gli sviluppatori, spesso dell’Est Europa e area russofona, supportano i gruppi criminali nello sviluppo di servizi informatici collegati alla vendita di falsi sul web
I broker e i professionisti coinvolti in queste frodi, invece, facilitano la costituzione e gestione di società di comodo, intestate a prestanome e spesso registrate all’estero (per esempio in paesi a bassa trasparenza societaria e in free trade zones), utilizzate per varie ragioni, tra cui importare e giustificare, tramite fatture false, beni contraffatti poi venduti sul web. Intestare e gestire siti web fraudolenti e aprire account di vendita come seller sui mercati online ufficiali sono altre attività in cui questi professionisti sono impegnati.
“Il report presentato oggi rappresenta uno strumento molto importante per conoscere a fondo il fenomeno della contraffazione nei mercati on line, a livello sia nazionale, sia internazionale. Lo studio elaborato dall’Università Cattolica con la collaborazione del Viminale offre molti spunti di riflessione per rafforzare l’azione di tutela del settore dell’ecommerce che, anche in virtù degli alti numeri in termini di fatturato e di utenti, è costantemente esposto alle minacce criminali. Questa azione è necessaria non solo per salvaguardare i consumatori, soprattutto quelli più esposti alle truffe, ma anche gli imprenditori che subiscono danni alla loro immagine ed agli investimenti per le contraffazioni dei prodotti e le violazioni della proprietà industriale”, ha sottolineato la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Il report ha analizzato anche gli strumenti attualmente utilizzati dagli operatori del settore e non nel contrasto di queste nuove minacce, e ha identificato diverse buone pratiche e raccomandazioni.
Tra queste figura il rafforzamento del monitoraggio del fenomeno, per esempio tramite la costituzione di un osservatorio scientifico e l'ampliamento dei canali per lo scambio di informazioni, anche a livello transnazionale, tra settore pubblico e settore privato, su account e metodi di pagamento sospetti, modalità di vendita e schemi utilizzati.