Il manufatturiero verso le micro fabbriche vicine al consumatore
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Quelli appena trascorsi sono stati mesi molto difficili per la moda e le aziende manufatturiere. La pandemia da Covid-19 ha fatto emergere, in maniera prepotente, la nacessità di avere una catena produttiva efficiente.
Motivo per cui si è tornato a parlare di reshoring, di riportare vicino a casa, magari in Europa o nel bacino del Mediterraneo, le aziende che producono componenti essenziali, anche nel settore della moda. A livello globale ci sono fenomeni che non possono essere sottovalutati: è in atto un cambiamento che le aziende devono saper leggere e, quando possibile, anticipare. Questo quanto è emerso dal “Focus reshoring Mediterraneo ed Europa”, l’ultimo report del centro studi Assomac, l’Associazione nazionale costruttori tecnologie per calzature, pelletteria e conceria.
Uno studio Assomac fotografa poi la situazione in alcune delle aree manifatturiere più importanti a livello globale
Tra i macro-fattori che stanno minando le fondamenta della produzione globale, oltre alla pandemia, ci sono la sfida del cambiamento climatico e l’instabilità internazionale, scrivono, in una nota, gli esperti.
"Come possono le aziende italiane trarre vantaggio da questo momento? "Lo studio di Assomac individua due approcci: il primo, collaborativo, prevede di inserirsi nel processo di innovazione dei Paesi che vogliono espandere il proprio mercato interno. In primis la Cina, che da fabbrica del mondo vuole trasformarsi in avanguardia.
"Il secondo approccio, definito “indipendentista”, consiste nello sganciarsi dalla Cina e dagli altri Paesi da cui l'Italia dipende: una mossa protezionista a difesa delle catene nazionali. In Occidente c’è infatti sempre più domanda di prodotti personalizzati e unici, soprattutto nella moda", si legge nel report Assomac.
Il modello tecnologico delle “micro-fabbriche”, vicine ai consumatori finali, può aiutare a vincere questa sfida, avvicinando i prodotti di abbigliamento e calzature ai clienti.
Il report fotografa poi la situazione in alcune delle aree manifatturiere più importanti a livello globale: la Cina ha liberato spazi nei settori dell’abbigliamento e delle calzature per circa 150 miliardi di dollari, ma l’India è stata in grado di accaparrarsene al massimo il 10-15 per cento a causa di dazi troppo alti, normative poco favorevoli e ricerca e sviluppo ancora da evolvere.
Aumentano invece le esportazioni del Sud-est asiatico, in Vietnam, a gennaio 2021, l’indice di produzione di tessuti e capi di abbigliamento è aumentato rispettivamente del 16,6 per cento e del 9,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Anche in Cambogia, in conseguenza delle delocalizzazioni cinesi, crescono esponenzialmente le fabbriche di abbigliamento e calzature.
"In Africa, il primo gennaio 2021 è stato firmato l’African continental free trade agreement, Acfta, accordo che istituisce la più grande zona di libero scambio dalla creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio: 1,2 miliardi di persone, un prodotto interno lordo stimato in 2.500 miliardi di dollari, 54 paesi firmatari dell’Africa (tutti tranne l’Eritrea). Si stima che il commercio intra-continentale potrà salire almeno a più di 231 miliardi di dollari, circa il 22 per cento del commercio africano totale, con importanti conseguenze anche nel settore tessile e della pelle", ha concluso Assomac.
Foto: Pexels, Kevin Menajang