Le chiusure imposte dal Dpcm sono devastanti: le associazioni protestano
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Proteste da Confcommercio, a Federmoda, ai negozi del quadrilatero della moda, sulle nuove chiusure di negozi e centri commerciali imposte dal Dpcm che entra in vigore domani, 6 novembre, per arginare la pandemia da Covid-19. La Confcommercio lombarda fa sapere che “le nuove, ulteriori restrizioni impatteranno in maniera devastante su interi comparti del terziario, sul commercio, sulla ristorazione, sulle attività del turismo della Regione che, ricordiamo, produce oltre il 20 per cento del Pil nazionale”.
Header 2 Le chiusure colpiranno quasi 60mila imprese di commercio al dettaglio
Le chiusure colpiranno quasi 60mila imprese di commercio al dettaglio; a queste si aggiungono le attività già interessate dalle restrizioni, oltre 55mila imprese della ristorazione, dell’alloggio, dei servizi. “Parliamo di uno scenario”, ha sottolineato in una nota, Confcommercio Lombardia, da vero disastro economico. “A preoccupare è la mancanza di visione e coordinamento a livello centrale: restiamo convinti che le anticipazioni indiscriminate sui nuovi provvedimenti abbiano avuto e abbiano tuttora il solo effetto di generare, da una parte, rabbia e smarrimento tra gli imprenditori e dall’altra disorientamento e mancanza di fiducia tra i consumatori. Il risultato? Anche chi poteva restare aperto in queste settimane ha lavorato pochissimo”.
Header 2 Contrarie alle chiusure Federmoda, Confcommercio, Montenapoleone district
Secondo Confcommercio, inoltre, “nel contrasto alla pandemia sarebbe servita in primo luogo una programmazione efficace: potenziamento delle attività di tracciamento, della rete di assistenza sanitaria, dei trasporti pubblici. Questo non è stato fatto, mentre le chiusure delle attività avrebbero dovuto essere soltanto l’ultima istanza”.
“Tutti i settori colpiti hanno bisogno di interventi di sostegno immediati, ma i ristori previsti non sono sufficienti: bisogna prevedere un ulteriore sforzo economico e andare oltre a quello che è stato fatto, soprattutto nei territori colpiti dalle misure più restrittive. Gli imprenditori non sono rassegnati, ma hanno bisogno di traguardi e obiettivi. Il periodo che ci aspetta è cruciale, se non ci attrezziamo rischiamo di bruciare i consumi del Natale, e non possiamo permettercelo”, ha aggiunto l’associazione.
Grande preoccupazione per il settore del fashion arriva anche da Confindustria moda. Numeri alla mano, il settore stima una perdita annuale da 29 miliardi. Ieri, la Federazione italiana di tessile, moda e accessorio, ha reso noti i dati della “Terza Indagine relativa all’impatto del Covid-19 sulle imprese del settore”, a cura del centro studi di Confindustria moda. Dall’indagine è emerso che nel terzo trimestre del 2020 le aziende del settore registrano un calo del fatturato in media del -27,5 per cento rispetto al 2019, in netta decelerazione rispetto al -36,2 per cento del primo trimestre e al -39 per cento del secondo, ma in significativa diminuzione rispetto all’andamento generale dell’economia italiana che ha visto il Prodotto interno lordo rimbalzare del +16,1 per cento.
“È sempre più grave la crisi del settore del tessile, moda e accessorio, oramai impotente di fronte a questa seconda ondata pandemica. Le aziende che compongono le nostre filiere sono generalmente piccole e medie imprese ed è quindi naturale che vengano più colpite rispetto alla media. Anche l’andamento del fatturato nel terzo trimestre conferma una debolezza più marcata rispetto ad altri settori, dovuta da una parte alla diminuzione del mercato domestico, e dall’altra alle grandi difficoltà nell’export, attività che storicamente ha aiutato tutto il made in Italy. Ne è prova il massiccio utilizzo della cassa integrazione che per 1 azienda su 2 riguarda oltre il 60 per cento dei dipendenti”, ha sottolineato Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria moda.
Secondo le stime aggiornate, dunque, la contrazione del fatturato complessivo per il 2020 si attesta a -29,7 per cento, contro il -32,5 per cento previsto a luglio, per una perdita totale stimata in 29 miliardi. Allo stesso modo, la raccolta ordini del terzo trimestre segna un -24,7 per cento, contro il -37,3 per cento registrato nell’arco di tempo aprile-giugno. Circa l’86 per cento delle aziende del panel prevede perdite nel fatturato annuo superiori al 10 per cento, nettamente peggiori rispetto alle previsioni che vedono il Prodotto interno lordo italiano calare del -8 per cento.
Il 29 per cento delle aziende interpellate dal centro studi di Confindustria moda vedrà un calo del fatturato compreso tra il -35 per cento e il -50 per cento; un ulteriore 15 per cento del campione arretrerà di oltre il -50 per cento.
Per chiudere il quadro, inoltre, l’associazione ha evidenziato che, nel terzo trimestre 2020, la quota di aziende che ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali si attesta al 74 per cento, in calo rispetto al 90 per cento emerso nelle rilevazioni precedenti.
Per quanto riguarda i mercati esteri, alla data della rilevazione, per il 62 per cento delle aziende italiane nessun mercato risulta ripartito, e solo un imprenditore su tre segnala un certo dinamismo da parte di alcuni Paesi strategici ovvero Germania su tutti, quindi Francia e Cina. Per quanto riguarda l’export, infatti, nei primi sette mesi dall’anno l’andamento dell’export dei settori rappresentati da Confindustria moda ha ceduto il -26,4 per cento contro il -14 per cento del settore manifatturiero nel suo complesso.
Un’altra reazione allarmata sulla situazione del comparto del lusso arriva da Montenapoleone district, l’associazione che riunisce oltre 130 marchi del lusso attivi nelle vie milanesi di MonteNapoleone, Sant’Andrea, Verri, Santo Spirito, Gesù, Borgospesso, Bagutta e San Pietro all’Orto. Per Montenapoleone district la chiusura non è la soluzione. Attraverso una nota, l’associazione ha espresso disappunto sulle misure adottate e dubbi sui potenziali benefici, manifestando molta preoccupazione sull’impatto che tali provvedimenti potranno causare.
Dall’inizio della pandemia, “MonteNapoleone district e i suoi associati hanno adottato piani specifici e realizzato investimenti concreti per la prevenzione e salvaguardia dei consumatori e degli addetti, oltre al contingentamento dei visitatori e turni di lavoro flessibile, che hanno ridotto significativamente il traffico nel Quadrilatero, un’area che già opera in orari non considerati di “punta”, si legge nella nota.
“Comprendiamo che in questo momento la salvaguardia della salute sia l’obiettivo primario delle istituzioni e ci uniamo nel sottolineare che la tutela dei clienti e dipendenti dei nostri Associati sia anche la nostra priorità. Tuttavia, considerati il numero ristretto di ingressi giornalieri e la limitata permanenza, ritengo sia importante continuare a garantire l’apertura di negozi e punti di ristoro per preservare una “normalità”, come concesso agli operatori dei servizi alla persona. Senza dimenticare i consistenti danni economici, che potrebbero anche diventare strutturali, auspichiamo quindi un ripensamento dei provvedimenti con una strategia e obiettivi che consentano una gestione efficace dell’emergenza sanitaria e tutelino al contempo il sistema di aziende di una Regione nevralgica per l’intero Paese”, ha osservato Guglielmo Miani, presidente di MonteNapoleone district.
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