Le startup della moda: i segreti per avere successo
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Quali sono i passi giusti da compiere per diventare una startup di successo? Dove trovare i capitali per lo sviluppo delle strategie di marketing? Ci sono applicazioni oppure aree dove conviene puntare per trovare una buona risposta del mercato?
Per rispondere a tutte queste domande FashionUnited questa settimana ha intervistato Giusy Cannone, managing director di Fta, Fashion Technology Accelerator, hub internazionale che supporta le startup innovative della moda impegnate nell’industria del lusso, nel luxury e nel retail. Fta, organizzazione privata fondata da Paolo Ivancevich e da Enrico Beltramini, ha tre sedi: a Palo Alto, nella Silicon Valley, a Milano e a Seoul.
In quale modo Fta supporta le startup?
Lavoriamo con startup internazionali che hanno messo a punto un’offerta nel settore del lusso, della moda e del retail. Ogni anno accogliamo 300 candidature di startupper: per il 35 percento sono realtà italiane e il restante 65 percento arriva dall’estero. Facciamo anche scouting attivo, nel senso che partecipiamo a eventi ai quali partecipano questo tipo di realtà, sia in Italia, sia all’estero. Due volte l’anno, solitamente in autunno e in primavera, apriamo una call per le startup. Affianchiamo le aziende per un periodo di tempo di sei mesi e prendiamo una quota del 6 percento. In quei mesi li aiutiamo nella strategia di business, nello sviluppo commerciale e anche nella raccolta di fondi, da parte di venture capitalist. Abbiamo 35 mentor, che provengono da realtà innovative e da brand molto conosciuti della moda, che hanno le competenze necessarie per fare in modo che queste imprese possano crescere sul mercato.
Come sta andando il settore delle startup in Italia?
Ultimamente c’è molto interesse per l’open innovation da parte delle aziende della moda. Il fashion è arrivato dopo le tlc e dopo la medicina, settori che già da molti anni si stanno interessando alle startup. Diciamo che generalmente il mercato e le imprese si accostano all’innovazione quando capiscono che è indispensabile per poter crescere ed è questo che è accaduto, seppure con ritardo rispetto ad altro settori, anche alla moda.
C’è differenza tra le startup italiane e quelle estere?
Nel 2016 in Italia c’è stato il boom della personalizzazione online, ossia di aziende che hanno puntato molto sull’offerta di prodotti personalizzabili dal cliente finale e venduti attraverso il web. Nel 2017, invece, vediamo il boom dell’intelligenza artificiale, degli influencer che cercano di monetizzare il proprio business e anche di qualche iniziativa nel settore degli store e della creazione di oggetti e prodotti smart, ossia integrati con le tecnologie. Questi sono macro trend. In Israele, per esempio, invece, sono molto forti sulle applicazioni e i sistemi di riconoscimento dell’immagine. Una tendenza che deriva dal fatto che in questo Paese è molto sensibile da sempre ai temi della sicurezza e della difesa per motivi militari. In Italia c’è il tema del prodotto, del made in Italy e ne consegue che molte iniziative si concentrino su questo fronte: da un lato abbiamo gli ingegneri e dall’altro il know how artigianale. Il nostro compito è di far parlare questi due mondi che non sono abituati a interagire.
Ma quali sono i “segreti” per mettere in piedi una startup di successo?
E’ importantissimo ascoltare il mercato, molto spesso gli startupper sono innamorati della propria idea, invece è necessaria una apertura al confronto, avere dei feed back e fare degli incontri con gli operatori del settore. Si tratta di una strategia vitale. In secondo luogo è bene appoggiarsi a operatori e professionisti specializzati per evitare di fare sbagli e di perdere tempo inutilmente. Lo startupper di successo deve essere anche determinato e focalizzarsi su quel progetto senza farsi prendere dal panico davanti ai problemi. Indispensabile anche essere in grado di costruire un team valido, ossia trovare persone che credano in te e siamo parimenti determinate. Anche avere un team internazionale e nascere con l’idea di voler diventare un’azienda globale facilita la buona riuscita di un’impresa. Su questo fronte devo dire che in Italia siamo avvantaggiati in quanto molte persone vengono qui da tutte le parti del mondo per lavorare nella moda.
Quali sono gli errori da evitare?
Come ho detto restare troppo legati alla propria idea, innamorarsene perdendo il contatto con la realtà dei fatti, con quello che richiede il mercato e con quello che serve alle aziende del fashion per crescere e svilupparsi.
Come selezionate le startup che intendete affiancare?
In primo luogo devo dire che seguiamo solo startup che sono appena sbarcate su mercato e, quindi, il primo criterio è lo stadio di sviluppo dell'azienda. Poi guardiamo alla grandezza e alle potenzialità di mercato, ciò significa che la startup deve proporre un prodotto o un servizio che possa essere venduto a livello internazionale e il relativo mercato deve essere in crescita. Ma non valutiamo solo il business plan perché anche il team è importante. Le persone dietro all’azienda devono essere focalizzate: se hanno un altro lavoro per noi la realtà non è interessante. Allo stesso modo se non si tratta di un’idea innovativa ma è una terza o quarta soluzione rispetto ad altri competitori non può essere selezionata. Come Fta vogliamo capire se dopo cinque anni, per esempio, la quota dell’azienda che abbiamo rilevato e l’azienda stessa può interessare qualche fondo di investimento.
Al momento quante startup state seguendo?
In totale le aziende oggi sono 12: sei di queste sono italiane, mentre delle restatanti sei, 2 sono americane, una è israeliana, una è inglese, una è francese e un'altra lituana.
Foto: Giusy Cannone, managing director di Fta