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Le startup della moda: Lanieri vende il su misura online

Scritto da Isabella Naef

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Business |INTERVISTA

Prosegue questo giovedì la serie di interviste dedicate agli startupper, ossia agli imprenditori che hanno deciso di trasformare un’idea brillante, molto spesso legata alle tecnologie e al digitale, in una opportunità di business. Questa serie sarà pubblicata a giovedì alterni su FashionUnited. Oggi abbiamo intervistato Simone Maggi che, nel 2011, insieme a Riccardo Schiavotto, ha avuto l’intuizione di creare un ecommerce “made in Italy” di abiti su misura maschili: Lanieri. Oggi l’azienda è multichannel, ha un team di 25 persone tutte under 28 anni e ha chiuso il 2015 con un milione di fatturato. L’offerta comprende abiti, camicie, smoking e cappotti.

Come e quando nasce l’idea di vendere online abiti su misura?

Era il 2011 e mi trovavo a Parigi, dove frequentavo il Master of business administration della Scuola di Alta formazione al management, con Riccardo Schiavotto. Il padre di un nostro compagno di corso aveva esperienza nell’abbigliamento su misura e, un po’ per gioco devo dire, abbiamo cominciato a buttare giù un business plan per verificare se l’idea di sfruttare innovazione e web in questo segmento di mercato potesse avere risvolti concreti. L’idea era di offrire online abiti su misura da uomo, rigorosamente made In Italy, coniugando così una delle più apprezzate eccellenze italiane con un’innovativa modalità di vendita. Una volta ultimato il business plan abbiamo deciso di partecipare al premio Start Cup Piemonte 2012, organizzato in collaborazione con il Politecnico di Torino, dove ci siamo aggiudicati il secondo posto assoluto e il primo posto tra le startup Ict.

Dove avete trovato i capitali per cominciare l’attività imprenditoriale?

In occasione della premiazione, abbiamo conosciuto la dirigenza della Successori Reda Spa, storico lanificio biellese. Questa azienda ha deciso di “adottare” Lanieri, offrendo supporto operativo, expertise di prodotto e i capitali necessari per avviare l’attività. Io e Riccardo (Schiavotto, ndr), siamo quindi entrati a tempo pieno in azienda focalizzandoci rispettivamente su information technology e marketing.

A quanto ammontava il primo capitale investito e cosa ne avete fatto?

Abbiamo investito 1,5 milioni di euro nel sito. Poi, con il tempo, ci siamo resi conto che vendere solo attraverso il web era complicato, e che il digital doveva integrarsi con attività offline dove il cliente potesse toccare con mano i tessuti e la qualità delle lavorazione dei prodotti. E’ così che da un approccio esclusivamente digitale siamo passati alla multicanalità e, nel 2014, abbiamo aperto un temporary show room in via della Spiga, a Milano.

Avete aperto altri negozi fisici dopo quello di Milano? Come vengono prese le misure online?

Abbiamo organizzato diversi eventi offline, sia a Milano, sia a Londra. Nella primavera 2015 è stato inaugurato l’atelier di Milano, al quale sono seguite le aperture di Roma, Torino e Bologna Monaco di Baviera e di Parigi. L’approccio omnichannel, che associa la possibilità di vivere l’esperienza di acquisto online oppure in atelier, ha permesso di consolidare la presenza di Lanieri sui nuovi mercati presidiati. Oggi, a ogni acquisto effettuato offline corrispondono 1,5 ordini online: un dato che ben rappresenta il graduale passaggio al digitale di un servizio storico, quello della sartoria, che in Italia costituisce una vera e propria eccellenza. A questo proposito devo dire che uitlizziamo le materie prime più pregiate presenti sul mercato: tra i brand figurano Loro Piana, Ermenegildo Zegna, Thomas Mason, Albini. Per quanto riguarda le taglie ci avvaliamo di un algoritmo che consente di tradurre le 14 misure anatomiche richieste al cliente nelle misure tecniche del prodotto finito. Il processo di presa misure è facile e viene spiegato nel dettaglio nel sito internet, comprensivo di video esplicativi.

Aprire un atelier richiede grossi investimenti, corretto?

In realtà i nostri sono smart atelier, ossia non richiedono grosse superfici, visto che non abbiamo necessità di portare grandi quantitativi di pezze: si va dai 50 agli 80 metri quadrati. In alcuni casi, inoltre, questi spazi non hanno vetrina su strada. Le persone che sono nell’atelier sono istruite sulla digitalizzazione e il cliente viene informato sul prodotto e sul sistema con cui operiamo.

Quanto tempo ci vuole per avere un abito, quali sono i prezzi e qual è il vostro target?

In quattro settimane l’abito è pronto. Siamo in un range di prezzo che va dai 590 euro ai 1040 circa, diciamo che siamo su una fascia che è inferiore del 30-40 percento rispetto alla sartoria tradizionale. Il nostro obiettivo non è fare concorrenza all’altissima sartoria italiana ma di conquistare un altro segmento di mercato: il nostro cliente ha un’età media di 40 anni, nessuna voglia di andare a perdere tempo in giro per negozi e nemmeno di spendere cifre folli per un abito.

Da chi fate produrre gli abiti?

I fasonisti dei nostri abiti producono interamente in Italia e sono stati selezionati dopo una lunga ricerca e tenendo in considerazione aspetti come metodologie e tecniche di produzione, precisione del taglio, affinità alle metodologie di vendita internet, qualità e velocità di produzione.

Quali sono i mercati dove siete presenti?

Tra i nuovi mercati raggiunti nel 2016, la Francia è quello che ha prodotto i migliori risultati, concentrando circa l’11 percento degli ordini, seguita dagli Usa con il 6 percento e dalla Germania con il 5 percento. L’Italia, con il 69 percento degli ordini, resta al momento il mercato più forte, ma il trend di crescita all’estero è più veloce rispetto al nostro territorio.

Quali sono le maggiori difficoltà incontrate e quali consigli darebbe a uno startupper alle prime armi?

E’ stato difficile trovare produttori in grado di seguirci nell’innovazione di processo, nel senso che abbiamo trovato molte imprese che lavoravano l’abito nella vecchia maniera, senza un approccio digitale. In secondo luogo è complesso reperire figure professionali in grado di vendere un prodotto sartoriale online: per ovviare a questo problema abbiamo preferito investire su figure junior che abbiamo formato internamente. Un altro errore, poi, è stato quello di aprire un temporary shop a giugno: non è un mese ideale per ordinare abiti su misura. Bisogna procedere passo dopo passo, non mettere mai troppa carne al fuoco, non voler andare troppo velocemente.

La terza puntata della serie startup della moda sarà pubblicata giovedì 2 marzo.

Foto: Lanieri press office

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