Menswear: export a quota 5,4 miliardi nei primi sette mesi
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Come indicano i dati Istat, l’export relativo al periodo gennaio-luglio 2023 ha messo a segno un incremento tendenziale a doppia cifra, pari al +11,4 per cento, attestandosi a circa 5,4 miliardi di euro; parallelamente, l’import ha registrato un aumento del +5,6 per cento, sfiorando i 4,0 miliardi di euro.
Con riferimento agli sbocchi commerciali, la nota del Centro studi di Confindustria moda per Smi sottolinea come sia le aree Ue sia quelle extra-Ue si siano rivelate favorevoli per il comparto, crescendo rispettivamente del +13,1 per cento e del +10 per cento. Il mercato Ue copre il 45,7 per cento dell’export totale di settore, mentre l’extra-Ue risulta il maggior “acquirente”, assorbendo il 54,3 per cento. Nel caso delle importazioni, dalla Ue proviene il 46,3 per cento della moda maschile in ingresso in Italia, mentre l’extra-Ue garantisce il 53,7 per cento. Guardando alla loro performance, quest’ultima area registra un calo delle importazioni pari al -5 per cento; il mercato Ue presenta, invece, un vivace aumento (+21,2 per cento).
Nei primi sette mesi la prima destinazione del menswear italiano è la Francia
Nel periodo in esame la prima destinazione del menswear made in Italy è risultata la Francia, che mette a segno una crescita a doppia cifra, nella misura del +20,6 per centi; assorbe del resto l’11,9 per cento del totale settoriale. Seguono Germania, a quota 10,4 per cento, e Stati Uniti, a quota 9,5 per cento, interessati entrambi da una dinamica positiva, pur su ritmi molto diversi, pari rispettivamente al +6,7 per cento e al +13,2 per cento. A fronte di un calo del -17,6 per cento, scivola al quarto posto la Svizzera, strategico hub logistico- commerciale per le principali griffe del settore, assicurandosi 469 milioni di euro (8,7 per cento sul totale).
Si posiziona poi la Cina, con un aumento del +7,3 per cento, seguita dalla Spagna, che mette a segno una variazione positiva pari al +16,1 per cento. In controtendenza rispetto al dato medio, troviamo in settima posizione il Regno Unito (284 milioni di euro), che mostra una flessione del -1,4 per cento dell’export italiano di comparto.
Seguono Corea del Sud e Giappone che registrano incrementi su buoni tassi, ovvero +27,9 per cento la prima e +23 per cento il secondo; sperimenta una variazione su ritmi simili Hong Kong: +19,2 per cento. La Polonia evidenzia anch’essa una dinamica molto positiva, nella misura del +32,9 per cento, che le assicura il 2,3 per cento delle esportazioni di comparto. La Russia registra un rimbalzo del +41,5 per cento: una dinamica per certi versi inaspettata stante il conflitto ancora in atto, ma dovuta al raffronto su mesi 2022 particolarmente colpiti dall’inizio della guerra, quando i flussi crollarono.
Oltre ai già citati Svizzera e Regno Unito, tra i primi 15 “clienti” della moda maschile italiana l’unica altra nazione interessata da una flessione delle vendite è il Belgio, che ha accusato un lieve -1,9 per cento, coprendo così l’1,6 per cento del totale (corrispondente a 88 milioni di euro). Relativamente alle importazioni, da gennaio a luglio 2023 i primi due mercati di approvvigionamento hanno evidenziato entrambi trend negativi: il Bangladesh, top supplier di moda uomo con un’incidenza del 12,6 per cento, registra una flessione -13,5 per cento; segue la Cina, in seconda posizione, in calo del -14,1 per cento.
Gli altri principali fornitori hanno evidenziato vivaci dinamiche positive, a partire dalla Francia, in terza posizione, che cresce del +25,6 per cento, seguita dalla Romania e dai Paesi Bassi, che aumentano rispettivamente del +32,7 per cento e del +28,1 per cento. Decisamente sostenuti risultano gli incrementi delle importazioni dal Belgio (+34,9 per cento) e soprattutto dalla Svizzera (+74,9 per cento). In controtendenza, Pakistan e Vietnam flettono entrambi del -7,6 per cento, scendendo a 97 milioni di euro il primo e a 77 milioni di euro il secondo.
Relativamente all’import, tutti i prodotti registrano vivaci variazioni positive, a eccezione della maglieria. Il ritmo più vivace, pari al +19 per cento, interessa la camiceria; seguono le cravatte in crescita del +17 per cento. La confezione e l’abbigliamento in pelle palesano una dinamica positiva: la prima rileva un +9,3 per cento e il secondo un +5,6 per cento.