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Nel tessile le donne guadagnano 80 euro al giorno contro i 107 degli uomini

Scritto da Isabella Naef

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Le donne sono sovrarappresentate in posizioni meno remunerative Credits: Pexels, Jill Wellington

In questi ultimi tempi la parità di genere è al centro di dibattiti e tavole rotonde della maggior parte dei convegni italiani. I dati che riguardano la presenza delle donne in azienda e i relativi ruoli, a seconda del settore industriale o dei servizi, variano. Ma nella moda qual è la tendenza delle presenze femminili e in quali posizioni? Oggi, secondo giorno di fashion week milanese, una risposta chiara arriva dai dati della ricerca “Unpacking pay equity in fashion: Italy” condotta da Global fashion agenda (Gfa) e Pwc Italia.

Numeri alla mano, in Italia, sono circa 600mila le persone impiegate nell’industria della moda. Nel 2022, le donne rappresentavano circa il 60 per cento della forza lavoro nei settori tessile e abbigliamento, il doppio rispetto alla presenza femminile nell’intero settore manifatturiero italiano.

Le donne sono sovrarappresentate in posizioni meno remunerative e sottorappresentate nella leadership

"L’Italia ha assistito a un aumento della presenza femminile nei consigli di amministrazione delle aziende della moda, che ha raggiunto il 27 per cento nel 2023 dal 21,3 per cento nel 2020. Questo cambiamento è principalmente attribuito a una crescente attenzione alle disuguaglianze di genere che si traduce in un maggior numero di politiche e leggi a sostegno delle quote femminili per le posizioni di leadership, portando a un impatto positivo sulla parità di genere", si legge nel report.

Complessivamente, le donne sono sovrarappresentate in posizioni meno remunerative (nel settore della pelle e del cuoio il 66 per cento degli operai è donna) e sottorappresentate in posizioni di leadership (nel settore della pelle e del cuoio solo il 31 per cento dei ruoli dirigenziali è occupato dalle donne, percentuale che scende al 17 per cento nel tessile).

Le condizioni di lavoro e i contratti variano notevolmente tra i sessi: oltre il 70 per cento dei lavoratori part-time sono donne nell’industria tessile, e il 58 per cento nell’industria della concia e della pelle. Questi dati pesano sul divario salariale, poiché i contratti a tempo parziale offrono tipicamente stipendi orari più bassi, meno benefici e opportunità limitate per l’avanzamento di carriera, risultando in una significativa riduzione della retribuzione media femminile.

Nell’industria conciaria il salario giornaliero medio era di 82 euro per le donne e 100 euro per gli uomini

Secondo i dati dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) sull’occupazione nel settore privato, nel 2022 le donne nell’industria tessile italiana hanno guadagnato 80 euro al giorno (salario giornaliero medio basato sul numero cumulativo di giorni lavorati) contro i 107 degli uomini. Nell’industria conciaria e della pelle il salario giornaliero medio era di 82 euro per le donne e 100 euro per gli uomini. Complessivamente, per ogni euro guadagnato dagli uomini, le donne hanno guadagnato in media 0,81 euro per una differenza salariale del 19 per cento.

Soltanto 1 impresa su 5 monitora le disparità salariali di genere

Sempre la ricerca mette in evidenza che l'82 per cento dei ceo intervistati ritiene che le possibilità di avanzamento di carriera siano paritarie tra uomini e donne, mentre solo la metà delle funzioni che si occupano di diversity, equity, inclusion in azienda e di risorse umane intervistate sono d’accordo. Soltanto 1 impresa su 5 monitora le disparità salariali di genere e il 43 per cento delle aziende manifatturiere intervistate ritiene che la maternità influisca negativamente sulla progressione di carriera delle donne.

Nonostante le microimprese siano a oggi esenti dalle normative in materia di equità retributiva, circa la metà dichiara di avere almeno una politica in atto per garantire la parità retributiva di genere.

La ricerca “Unpacking pay equity in fashion: Italy” condotta da Global fashion agenda e Pwc Italia, sviluppata con il supporto di Camera nazionale della moda italiana, fornisce una guida pratica e un invito all’azione per i brand, produttori e stakeholder del settore, affinché possano implementare azioni volte a raggiungere l’equità retributiva di genere e promuovere una maggiore uguaglianza nel settore.

L’analisi si basa su una ricerca condotta tramite 25 interviste ai brand della moda e un'indagine che ha coinvolto 105 aziende attive nella manifattura della moda e produttori italiani, una ricerca di Gfa e le risultanze del progetto multi-stakeholders "Fashion industry target consultation", guidato da Gfa e dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep).

La partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano è generalmente bassa in tutti i settori: nel 2023 il tasso di occupazione femminile era del 52,5 per cento, quasi 20 punti in meno rispetto al tasso di occupazione maschile (70,4 per cento), con ampie variazioni regionali. Il tasso di occupazione femminile in Italia è inferiore a quello della Grecia (52,8 per cento), della Romania (54,3 per cento) e molto inferiore a quello dei Paesi Bassi (78,9 per cento) e della Svezia (75,6 per cento). L'industria manifatturiera della moda differisce parzialmente dai dati osservati a livello nazionale, in quanto è caratterizzata da una sovra partecipazione delle donne, soprattutto in ruoli non dirigenziali.

La maternità è il fattore che più influisce negativamente sulla carriera (lo dice il 43 per cento)

Alla domanda sulla percezione del divario retributivo di genere, solo il 20 per cento dei produttori di moda italiani ha segnalato disparità salariale nelle proprie aziende, la maggior parte delle quali sono grandi aziende.

"Per affrontare il divario retributivo di genere in Italia e nel più ampio settore della moda, è necessario un impegno unificato da parte di tutti gli stakeholder. Il settore deve dare priorità alla trasparenza, alle pari opportunità e un’equa retribuzione lungo l'intera catena del valore. Adottando strumenti e approcci standardizzati e influenzando i valori culturali, credo che l'industria della moda italiana possa diventare un catalizzatore per il cambiamento”, ha sottolineato Federica Marchionni, ceo di Global fashion agenda.

Per quanto riguarda le condizioni penalizzanti che influiscono sulla disparità salariale, il 43 per cento degli intervistati individua nella maternità il fattore che più influisce negativamente sulla progressione di carriera delle donne.

Serve cultura aziendale, trasparenza e tracciabilità della filiera

Lo studio di Gfa e Pwc Italia è una chiamata all’azione per il settore della moda italiana e per i marchi che lavorano con la filiera nazionale, affinché diano priorità all'equità retributiva nel settore e adottino pratiche più inclusive e responsabili nella loro agenda di sostenibilità. Per affrontare le sfide parità salariale il rapporto delinea alcune raccomandazioni. Tra queste un cambio di prospettiva: promuovere una cultura aziendale inclusiva che valorizzi la genitorialità e supporti modalità di lavoro flessibili per gestire le responsabilità familiari. Garantire la piena trasparenza e tracciabilità lungo tutta la filiera, inclusi i subappaltatori, per promuovere salari equi e pratiche lavorative etiche è un'altra raccomandazione.

Sviluppare strumenti e metodologie per le valutazioni dell'equità retributiva che riflettano il contesto unico dell'industria manifatturiera della moda italiana e consentano una migliore comprensione delle strutture salariali dei fornitori costituisce un ulteriore passo necessario, così come incoraggiare la collaborazione tra aziende, associazioni di categoria e produttori per unificare e semplificare il processo, garantire coerenza nell'affrontare questa tema fondamentale ed evitare di duplicare gli sforzi all'intero del settore.

“Solo la metà delle grandi aziende e meno della metà dei produttori di micro e pmi monitorano e segnalano le disuguaglianze salariali. C'è un'urgente necessità di maggiore trasparenza e strumenti standardizzati lungo tutta la catena del valore, insieme allo sviluppo e all'integrazione di pratiche di acquisto responsabili durante tutto il processo di due diligence”, ha affermato Erika Andreetta, partner Pwc Italia Emea luxury community leader.

Serve trasparenza e tracciabilità della filiera Credits: Pexels, Thirdman
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