Le creazioni di Roberto Capucci in mostra a Parma fino al 16 aprile
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La mostra "Roberto Capucci. Seriche armature", inaugurata al Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci, a Fontanellato, in provincia di Parma, lo scorso ottobre e dedicata al grande maestro della moda italiana, verrà prorogata al 16 aprile 2023. Fino a oggi sono oltre 20mila i visitatori all’attivo. A partire da lunedì 9 gennaio e fino a venerdì 10 febbraio il Labirinto della Masone resterà chiuso al pubblico. La riapertura è fissata per sabato 11 febbraio.
Nato a Roma nel 1930, Capucci apre il suo primo atelier nel 1950, in via Sistina
Trent’anni fa, nel 1993, la casa editrice di Franco Maria Ricci dedicò a Capucci un libro della collana Luxe, calme et volupté, serie di volumi che esploravano il mondo della moda attraverso le opere degli stilisti più affascinanti del ventesimo secolo. "Questa ricorrenza è stata la suggestione per organizzare una nuova e mostra al Labirinto che vanta la curatela della Fondazione Roberto Capucci e della Fondazione Franco Maria Ricci, con la collaborazione di Sylvia Ferino", si legge in una nota.
La mostra del Labirinto celebra la carriera dello stilista sotto diversi aspetti, affiancando le sue creazioni, vere e proprie sculture, alle opere d’arte della collezione, creando così nuovi dialoghi e suggestioni dall’effetto incredibile.
Storici della moda e creativi di oggi sono d’accordo nell’affermare quanto per Capucci il termine “stilista” diventi quasi riduttivo, essendo un vero artista a tutto tondo, impossibile da inquadrare in una singola categoria. Nato a Roma nel 1930, apre il suo primo atelier nel 1950, in via Sistina, e fin da giovanissimo viene conosciuto anche all’estero, accolto con entusiasmo (soprattutto dalla critica francese) e considerato un protagonista assoluto della storia della moda italiana.
Durante la sua carriera la notorietà è stata tale da permettergli di vestire icone femminili come Marylin Monroe, Catherine Spaak, Virna Lisi, Elsa Martinelli, Irene Brin, Rita Levi Montalcini, che ritirerà il Premio Nobel per la Medicina nel 1986 con un suo abito, e Silvana Mangano, per la quale Capucci, voluto fortemente da Pierpaolo Pasolini, disegnò i costumi del film “Teorema”.
Gli abiti di Roberto Capucci sono immediatamente riconoscibili: strutture architettoniche dove l’eleganza e il colore sono protagonisti di creazioni che sembrano essere scolpite nella materia e che sono sopravvissute nel tempo senza mai perdere la loro forza espressiva.
La natura è la principale fonte di suggestione del suo lavoro, ispirato dalle descrizioni de “Le Metamorfosi” di Ovidio, dove Dafne e altri personaggi vengono trasformati in alberi o animali: negli abiti di Capucci si possono ritrovare questi miti, la materia tessile li interpreta in vere e proprie sculture dominate dalla stoffa e dai colori per creare delle “seriche armature” che sembrano prescindere dalla forma del corpo. In particolare, gli abiti da sera sono creazioni senza età e dove lui stesso impone al tempo il suo marchio inconfondibile, in un continuo lavoro di ricerca formale e cromatica che non esita a ricorrere ai materiali più diversi, dalle sete più esclusive ai prodotti naturali più semplici quali rafia o paglia, per cercare continuamente nuove possibilità espressive del Bello.
Nascono così le creazioni degli anni ’80, come Farfalle e Cerchi, che ricordano forme del mondo animale. Per comprendere ancora meglio il processo creativo alla base del lavoro di Capucci è importante studiare gli schizzi preparatori, alcuni dei quali sono presenti in mostra, utili a far conoscere il processo alla base di questi splendidi abiti, ma anche per ammirare l’inesauribile fantasia dell’artista.