Assocalzaturifici chiede una norma che introduca l'informazione di origine obbligatoria
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Assocalzaturifici chiede un intervento delle istituzioni italiane, a livello europeo, per l'introduzione dell'informazione di origine obbligatoria. Ieri, Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, in occasione della presentazione al governo del progetto Strategie di difesa attiva del made in Italy calzaturiero,curato dall’Istituto di ricerca Eurispes, infatti, ha sottolineato: "per difendere il made in Italy calzaturiero chiediamo che la politica e le istituzioni si impegnino a livello europeo per far approvare una norma che introduca l’informazione di origine obbligatoria. Se il valore fondante dei nostri prodotti risiede nell’autenticità dell’eccellenza di chi lo produce è fondamentale e necessario che in Europa venga garantita assoluta trasparenza".
Siro Badon: "una norma sul made in, tutela l’impresa che crea valore e sviluppo nei territori in cui è radicata la cultura del lavoro"
Badon, intervenendo a Palazzo Chigi, ha aggiunto: "questa riforma deve essere una priorità politica del Governo, perché una norma sul made in, tutela l’impresa che crea valore e sviluppo nei territori in cui è radicata la cultura del lavoro. Dobbiamo partire da questo punto per rafforzare un comparto cruciale per l’economia, costituito di eccellenze e competenze di altissimo profilo. Certo, produrre in Italia non è conveniente per via del costo del lavoro e di troppe incertezze giuridico, normative ma è irrinunciabile. I clienti di tutto il mondo e i più importanti brand della moda infatti sono disposti a riconoscere un premium price al made in Italy. Se non vogliamo perdere terreno sui mercati internazionali e pagarne le conseguenze con un altissimo costo in termini economici e sociali non c’è altra scelta che far valere le ragioni del nostro patrimonio industriale in campo internazionale”.
Nei primi sei mesi del 2019 l’export italiano delle calzature ha registrato un +7,1 per cento in valore (il prezzo medio ha raggiunto la cifra di 47,55 euro/paio, +8,2 per cento). Il dato emerge dal report sull’Industria calzaturiera italiana–primo semestre 2019, elaborato dal Centro studi di Confindustria moda per Assocalzaturifici. La fotografia scattata dalla nota congiunturale rileva come, malgrado la performance delle esportazioni, persistano nello scenario attuale alcune difficoltà dovute in primis alla cronica debolezza dei consumi interni, che, già provati da un decennio di lenta erosione, hanno registrato nella prima metà dell’anno in corso un intensificarsi della contrazione degli acquisti delle famiglie (-3,7 per centi in quantità, con trend ben più severi per il dettaglio tradizionale).
Come spiega Assocalzaturifici in una nota, a questo quadro si aggiunge un panorama di incertezze dovute alle situazioni internazionali: dal probabile protrarsi di tensioni commerciali e venti protezionistici, al rallentamento di significative economie (Cina e Germania su tutte), alla mancata ripartenza di mercati di fondamentale importanza per alcuni distretti calzaturieri. Basti pensare alla Russia che registra nuovamente cali superiori al 15 per cento.
Sul fronte occupazionale il primo semestre 2019 ha chiuso con un saldo di -119 calzaturifici (tra industria e artigianato), pari al -2,6 per cento, e -492 addetti (-0,7 per cento) su dicembre 2018. Gli arretramenti si fanno ancor più pesanti considerando, oltre ai calzaturifici, i produttori di componentistica (-75 aziende e -493 addetti). Nell’insieme, dunque, -194 imprese e -985 addetti rispetto a fine 2018. A livello geografico, saldi negativi nel numero di aziende per tutte le sette principali regioni calzaturiere, con la sola eccezione della Lombardia (+13 unità); quanto al numero di addetti, una crescita per Toscana (+117 lavoratori) e Puglia. Le Marche sono la regione con i saldi negativi più marcati, sia nelle unità produttive (-95), sia negli addetti (-1.164).
Foto:Micam, dall'ufficio stampa