Chi puo utilizzare il marchio Vero cuoio o Vera pelle
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In caso di utilizzo in violazione del suddetto marchio, i prodotti con l’apposizione, senza licenza, del marchio “Vero cuoio” ovvero “Vera pelle” vengono sequestrati e al venditore viene contestato il reato di cui all’art. 474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi).
Federazione moda Italia, quindi, consiglia, di verificare con i fornitori la presenza in fattura (documentazione amministrativo/contabile) che il marchio utilizzato (“Vero cuoio” e "Vera pelle”) sia effettivamente rispondente a regolare concessione della licenza d’uso da parte di Unic.
A seguito dell’entrata in vigore il a gennaio 2018 della nuova normativa Decreto Legislativo n. 190 del 15 novembre 2017 sulla disciplina sanzionatorio sull’etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili, Federazione moda Italia, ha messo nero su bianco alcune raccomandazioni per le aziende del dettaglio moda, in relazione ai possibili controlli effettuati dagli Enti incaricati dal Ministero dello Sviluppo economico e, in particolare, dalle Camere di Commercio.
Per i prodotti tessili è necessario che l’etichetta sia in lingua italiana
Per i prodotti tessili (Regolamento Ue 1.007/2011) è necessario che l’etichetta sia in lingua italiana (es. “100% cotone” e non “100% cotton”); contenga la composizione fibrosa con la denominazione della fibra scritta per esteso (“100% Cotone” e non “100 co”: il codice meccanografico non è ammesso) e la percentuale del peso indicata in ordine decrescente (es. “90% Cotone 10% Seta”). Inoltre è necessario che trovi corrispondenza con quanto scritto nei documenti commerciali e sia saldamente fissata al prodotto messo in vendita.
L'etichetta deve indicare nome, ragione sociale o marchio e anche sede legale del produttore/importatore (estremi del produttore ex art. 104 del D. Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo e quindi l’indicazione della via e della città) e preveda, ove necessario, l’indicazione “Contiene parti non tessili di origine animale” qualora, per esempio, si tratti di piumini, maglioni con toppe o inserti in pelle o scamosciati, bottoni in madreperla o corno naturale. Il fabbricante, l’importatore o il distributore che non forniscano sui siti web le indicazioni relative alla composizione fibrosa sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 20.000 euro.
L’etichetta non deve indurre in errore il consumatore
Per chi vende calzature, Federazione moda Italia, ricorda che è importante sapere che il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Ue deve apportare un’etichetta su almeno una delle calzature, che può contenere o simboli o informazioni scritte in lingua italiana; l’etichetta può essere stampata, incollata, goffrata o applicata a un supporto attaccato. L’etichetta non deve indurre in errore il consumatore: tal fine, nei luoghi di vendita al consumatore finale deve essere esposto, in modo chiaramente visibile, un cartello illustrativo della simbologia adottata sull’etichetta. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 160 del 26 giugno 2020 è stato pubblicato il Decreto legislativo n. 68 del 9 giugno 2020 su “Nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini cuoio, pelle e pelliccia e di quelli da essi derivati o loro sinonimi e la relativa disciplina sanzionatoria, ai sensi dell’articolo 7 della legge 3 maggio 2019, n. 37 – Legge europea 2018".
Nel dettaglio, il provvedimento regola l’immissione e la messa a disposizione sul mercato, dal 24 ottobre 2020, di prodotti con i termini, anche in lingua diversa dall’italiano, cuoio, pelle, cuoio pieno fiore, cuoio rivestito, pelle rivestita, pelliccia e rigenerato di fibre di cuoio, sia come aggettivi sia come sostantivi, anche se inseriti con prefissi o suffissi in altre parole o in combinazione con esse, ovvero sotto i nomi generici di cuoiame, pellame, pelletteria o pellicceria.
I termini sopra citati, infatti, ribadisce Federazione moda Italia, potranno essere utilizzati esclusivamente per indicare materiali di origine naturale.