• Home
  • News
  • Moda
  • Come attrarre e trattenere Millennials e Gen Z

Come attrarre e trattenere Millennials e Gen Z

Scritto da Isabella Naef

loading...

Scroll down to read more

Moda

Una professionista al lavoro Credits: Pexels, Antoni Shkraba
Qual è la reale attenzione delle imprese nei confronti dei talenti? Al di la dei proclami in tema di valorizzazione delle risorse e di sensibilità nei confronti del pianeta che, purtroppo, talvolta si riducono a maldestre campagne di marketing, cosa devono fare e costa stanno facendo le aziende più illuminate per sviluppare le competenze? Si tratta di una domanda che acquisisce molta rilevanza anche per le aziende della moda visto che si parla sempre più spesso del cosiddetto quiet quitting, che letteralmente significa "abbandono silenzioso". Un atteggiamento che si traduce concretamente nella scelta dei dipendenti di eseguire il minimo indispensabile nel rigoroso rispetto delle proprie mansioni e del proprio orario di lavoro, senza alcun entusiasmo e senza alcuna passione.

Dati alla mano, il 18,6 per cento delle aziende riserva al talent management una funzione specifica e separata, il 36,52 per cento dedica al tema un’attenzione parziale, mentre un terzo delle aziende fa attività di brand reputation per la talent attraction e la talent retention, utilizzando leve come la sostenibilità (prioritaria per il 41,6 per cento delle imprese, non prioritaria per il 44,19 per cento), la diversità e l'inclusione (tuttavia, per il 51,6 per cento degli intervistati, per niente o non molto rilevante), un ambiente di lavoro piacevole e che include la diversità (il 17,27 per cento) e, infine, la crescita delle soft skill (il 16,36 per cento).

Queste sono alcune delle evidenze emerse dalla survey di Inaz e Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, dal titolo "Le Leve del talent management nell’era del quiet quitting e del job hopping". Lanciata il 28 novembre in occasione della nuova edizione di Hr Business summit, l’evento dedicato al mondo delle risorse umane, che si è svolto all’interno dell’edizione capitolina del Business leaders summit, la survey è stata curata da Danila Scarozza, associate professor in Organization studies della Link Campus University, e da Maurizio Decastri, professore ordinario di organizzazione aziendale presso l’Università di Roma Tor Vergata, su un campione di circa 100 direttori delle risorse umane italiani nei mesi di settembre e ottobre.

Alla domanda “in che modo cercate di migliorare il benessere dei talenti?” Le aziende si sono dimostrate concentrate sulla formazione (32,65 per cento delle risposte), mentre il 19,39 per cento considera anche leve come il coaching e il supporto psicologico per i propri talenti. Più basse le percentuali con riferimento alle agevolazioni per azioni di well-being (11,22 per cento) e opportunità di esperienze professionali internazionali (12,24 per cento).

Il 18,6 per cento delle imprese ha attivato anche programmi di leadership mentoring e di reverse mentoring. Una domanda specifica della survey riguarda la digitalizzazione per il talent management: dalle risposte è emerso in modo chiaro che per le imprese italiane questo tema incide nella fase di attraction (estremamente importante per il 16,28 per cento degli intervistati e molto importante per il 32,56 per cento che è molto importante) e acquisition (per il 9,30 per cento è estremamente importante e per il 39,53 per cento è molto importante).

"Tutti i temi e le dimensioni di indagine prese in esame e di cui sono stati presentati i risultati, mettono sotto i riflettori e, quindi, al centro dell’attenzione, la necessità di creare un ambiente lavorativo più soddisfacente, più attento, capace di prendersi cura delle persone e di cui si possano condividere i valori: è su questo terreno che le imprese italiane dovranno lavorare per non rimanere indietro e avere le risorse adeguate, ovvero i talenti giusti, per rimanere competitive", hanno spiegato i curatori Scarozza e De Castri.

Diversity
formazione
Gen Z
inclusione