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Dal deinfluencer al client advisor: i marchi della moda cambiano strategia

Scritto da Isabella Naef

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Moda |Opinion

La crisi di fiducia da parte dei consumatori nei confronti degli influencer pare non arrestarsi Credits: Pexels, Tracy Le Blanc

La crisi di fiducia da parte dei consumatori nei confronti degli influencer pare non arrestarsi. Il fenomeno, cominciato già prima dello scoppio del pandoro gate che ha buttato giù dal trono la regina delle influencer, Chiara Ferragni, pare proseguire a favore di figure maggiormente autentiche nel pruomuovere o non promuovere un determinato prodotto e anche socialmente impegnate a favore di un'economia circolare, una lotta allo spreco, all'acquisto di impulso e al fast fashion.

Insomma, l'influencer capace di promuovere qualsiasi cosa, dal cosmetico al marchio di borse, dal gioiello alla tisana, "sollecitata" da bonifici sempre più importanti, non piace più e non convince più. Oggi, soprattutto i marchi del lusso, quelli attenti a coccolare i vic, ovvero i cosiddetti very important client, si affidano ai client advisor, professionisti preparatissimi sul prodotto e sul marchio che sono in grado di raccontare e valorizzare l'eccellenza e l'esclusività del prodotto.

Client advisor e personalizzazione sono indispensabili per le griffe

L' iperpersonalizzazione, l'impeccabilità del servizio, l'attenta gestione dei tempi di attesa per i prodotti unici e la creazione di un senso di comunità autentico fanno il resto, come è emerso nei giorni durante la decima edizione dell'Altagamma consumer e retail insight.

Accanto ai client advisor, si va rafforzando la figura del deinfluencer. Un creator digitale che ha trovato spazio dopo l'indigestione di unboxing fatta su Instagram, dopo i video le storie che immortalano vite sempre più patinate e vuote, dopo i reel privi di contenuto e zeppi di advertising di personaggi famosi, spesso senza arte nè parte.

Il deinfluencer agisce in base al proprio posizionamento

Insomma, l'utente vuole di più e meglio e vuole onestà.

Il deinfluencing, quindi, trova terreno fertile soprattutto perchè non spinge qualsiasi prodotto ma sceglie, proprio come farebbe il cliente, davanti a una serie di proposte, in base a criteri di eticità, a possibilità di portafoglio, alla sostenibilità, al posizionamento stesso dell'account.

Secondo Gartner, nei prossimi 5 anni il 65 per cento dei clienti si aspetta di vivere durante l’acquisto online un'esperienza sempre più personalizzata, adattata alle proprie esigenze. Nel 2024, infatti, gli eshopper punteranno a creare una personal customer journey che riproduca l'esperienza in negozio, con suggerimenti personalizzati e offerte su misura.

Da registrare la nascita degli influencer virtuali

Negli Stati Uniti sono già numerose le app che creano cataloghi basati sui comportamenti degli utenti e che sono in grado di anticipare così le loro preferenze, offrendo esperienze di acquisto coinvolgenti.

In Italia Lookalike app di ricerca visuale ottimizza l’intera esperienza grazie all’intelligenza artificiale, ha creato Laikee, la propria influencer virtuale che interagisce sul canale Instagram con i propri follower svelando i trend in anteprima e testando virtualmente capi e accessori.

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