Dalla guerra delle grucce di Prato alla firma di un protocollo per la protezione alle vittime di caporalato
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Negli ultimi mesi gli episodi di caporalato nella moda sono balzati agli onori della cronaca coinvolgendo anche qualche griffe del lusso. Una situazione che pone in luce quanto sia vitale monitorare la filiera della moda e intervenire tempestivamente laddove si riscontrino delle irregolarità. Il fenomeno del caporalato, naturalmente, è diffuso soprattutto nelle regioni e nelle città ad alta concentrazione di aziende del tessile e della pelletteria. Prato, per esempio, è una di queste. Il 15 ottobre, nella città toscana, è stato varato un nuovo strumento di tutela per i lavoratori sfruttati che decidono di denunciare. Nel dettaglio, il protocollo garantisce protezione e assistenza ai clandestini vittime di caporalato.
Il protocollo serve a creare percorsi di presa in carico, protezione e reinserimento sociale per chi è vittima di una moderna forma di schiavitù
L’obiettivo è garantire protezione giuridica e sociale ai lavoratori stranieri irregolari che decidono di collaborare con la magistratura, sul modello delle norme già esistenti per i testimoni di giustizia. “Il protocollo serve a creare percorsi di presa in carico, protezione e reinserimento sociale per chi è vittima di una moderna forma di schiavitù”, ha sottolineato il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, come riporta la redazione di Prato del quotidiano La Nazione.
Nel dettaglio, il protocollo nasce per favorire l'emersione del fenomeno, anche mediante l’adozione di iniziative volte a facilitare la raccolta delle denunce e a favorire il superamento. da parte delle vittime, di obiettive difficoltà e di reticenze tali da scoraggiare l’interlocuzione con l’Autorità; per garantire assistenza alle vittime nei casi previsti, agevolandone l’accesso alla giustizia; per sostenere i migranti nell’uscita da situazioni di sfruttamento lavorativo e favorire la loro integrazione.
Da febbraio, nell’area pratese, 129 lavoratori stranieri hanno già scelto di denunciare i propri sfruttatori
Da febbraio, nell’area pratese, 129 lavoratori stranieri di varie nazionalità hanno già scelto di denunciare i propri sfruttatori Potenziare l’attività d’indagine, al fine di pervenire al pieno accertamento dci casi di sfruttamento lavorativo e ottimizzare la strategia degli interventi integrati e multidisciplinari tesi non solo a farsi carico delle esigenze di tutela immediata delle vittime, ma anche a perseguire l’autore del reato e in generale ad “accorciare’ la distanza fra le vittime del reato e le istituzioni, garantendo la loro tutela, nonché il recupero delle spettanze e differnze retributive e contributive, costituiscono altre finalità del protocollo.
Da febbraio, nell’area pratese, 129 lavoratori stranieri di varie nazionalità hanno già scelto di denunciare i propri sfruttatori. Il documento impegna procura, questure, carabinieri, guardia di finanza, Regione Toscana, Comune di Prato, Inps e le reti antitratta a lavorare insieme per garantire assistenza e alloggio, senza spese legali né rischi di punibilità per la condizione di clandestinità.
La guerra delle grucce
Il protocollo arriva dopo anni in cui è dilagata la cosiddetta "guerra delle grucce", ovvero una battaglia combattuta da fazioni interne alla comunità cinese per accaparrarsi il mercato degli appendiabiti, un giro d’affari che a Prato, il più grande distretto del fast fashion d’Europa, vale oltre cento milioni di euro all’anno. La guerra riguarda anche la logistica e le spedizioni del comparto della moda come riporta il periodico Noi Antimafia. Si tratta di un commercio illegale che dall’inizio del 2023 a giugno del 2024 ha fruttato più di un miliardo e mezzo di euro per le importazioni di merci dalla Cina e acquisti intra unionali (ovvero transazioni finanziarie effettuate tra soggetti che vivono negli Stati membri dell’Unione europea) per quasi 11 miliardi.
“È in atto una contrapposizione tra gruppi imprenditoriali cinesi antagonisti per il controllo del redditizio mercato della produzione delle grucce e della logistica che ha registrato la commissione di plurimi delitti a base violenta”, ha sottolineato Luca Tescaroli procuratore di Prato che, nell’ottobre del 2024, ha inviato una relazione al ministero della Giustizia. Prato, la seconda provincia più popolosa della Toscana, è considerata oggi il cuore produttivo del settore dell’abbigliamento in Italia e in Europa. C’è però un fenomeno criminale, molto diffuso negli ultimi anni che minaccia la credibilità delle aziende che operano e lavorano regolarmente. La città laniera, infatti, è teatro di una battaglia economica aggressiva, ribattezzata dalla stampa “guerra delle grucce”.
Un business, come aveva spiegato al Corriere della Sera Tescaroli, generato dal fatto che la materia prima viene lavorata in evasione fiscale tramite appunto le imprese “apri e chiudi”. Una volta indebitate con l’Erario vengono dismesse e create new company per iniziare nuova attività”. Le nuove aziende aprono i battenti proseguendo la produzione con gli stessi macchinari e lo stesso personale, che nella maggioranza dei casi è assunto in modo irregolare e soggetto a sfruttamento con turni lavorativi estenuanti di dodici o sedici ore al giorno. Lo scorso gennaio, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Prato, Luca Tescaroli, è stato ascoltato al Senato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro presieduta dal senatore Tino Magni.
Il focus dell’audizione è stato il cosiddetto “Sistema Prato”, definito da Tescaroli come “caratterizzato dall’esistenza di una struttura imprenditoriale criminale integrata in relazione al quale sussiste lo sfruttamento del lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero“. Questo sistema “implica una pluralità di danni che vengono arrecati al sistema economico del nostro Paese, in quanto Prato sotto il profilo tessile è un centro d’avanguardia dell’intero continente europeo”.
Quanto ai lavoratori di queste imprese, si tratta di dipendenti, privi di permesso di soggiorno e sottoposti a orari di lavoro che arrivano alle 15 ore giornaliere, 7 giorni su 7.