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Digital product passport: cosa devono fare le aziende per prepararsi all'entrata in vigore

Luca Campadello (Erion) spiega quali sono gli step fondamentali
Scritto da Isabella Naef

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Moda|Intervista
Dal 2027 sarà obbligatorio adottare il Dpp, il Digital product passport Credits: FashionUnited, immagine generata con l'ausilio dell'Intelligenza artificiale

Dal 2027 sarà obbligatorio adottare il Dpp, il Digital product passport, una piattaforma di raccolta dati che fornirà informazioni dettagliate su tutto il ciclo di vita dei prodotti: dall’origine delle materie prime, alle quantità di contenuto riciclato, fino al loro grado di riparabilità e durabilità. Per le aziende europee della moda e degli accessori si tratta di un passo importante e, visto che la scadenza si avvicina, è necessario avere le idee chiare sul da farsi, fin da ora. Per aiutare l'industria della moda ad affrontare questa sfida complessa e a coglierne tutte le opportunità, FashionUnited ha intervistato Luca Campadello, strategic development and innovation manager di Erion.

Erion Textiles, è il consorzio del Sistema Erion dedicato alle aziende del settore tessile. Infatti, affinché lo sviluppo e l’applicazione del Dpp sia efficace è prioritario un approccio di sistema strategico e collaborativo da parte di tutta la filiera: dai produttori ai riciclatori, dai distributori agli attori logistici, fino ai consumatori. Inoltre, serviranno infrastrutture digitali, standard comuni, investimenti tecnologici e una chiara definizione dei ruoli lungo la catena produttiva. Da un lato le imprese dovranno strutturarsi per raccogliere e condividere dati affidabili, dall’altro i consorzi dovranno supportarle nel reperimento delle informazioni e nello sviluppo di sistemi robusti per le dichiarazioni dei dati richiesti.

Per Erion Textiles, che in definitiva è un consorzio dei produttori per i produttori aperto alla partecipazione di tutti i brand del settore e di cui fanno parte marchi come Amazon, Artsana, Decathlon, Essenza, H&M Group, Kiabi, Miroglio Fashion, Ovs, Pompea, Save The Duck, è fondamentale, in primo luogo, partecipare attivamente agli sviluppi normativi, eseguendo un monitoraggio degli atti delegati di settore attraverso il Forum Ecodesign europeo e l’analogo tavolo italiano, con un focus sulla definizione tecnica del Dpp tessile e sui criteri di validazione dei dati. L'obiettivo è anticipare le specificità normative per orientare le scelte tecnologiche delle aziende associate. Quanto alle imprese, Campadello ha suggerito alcuni passaggi e strategie utili da adottare.

Luca Campadello, strategic development and innovation manager di Erion Credits: Erion

Cosa suggerisce alle aziende del tessile che si trovano a fare i conti con il Dpp?

Diciamo subito che non è sbagliato iniziare ad attrezzarsi. Indubbiamente chi comincia oggi a lavorare a questo progetto ha chance maggiori di arrivare preparato alla scadenza del 2027.

Quali sono le azioni che possono intraprendere già ora per farsi trovare pronte nel 2027?

Auspicabile fare una mappatura di tutte le informazioni e dei dati che si hanno a disposizione. Informazioni sulla composizione dei prodotti, per esempio, ma anche una riflessione su quelli che sono i dati e le informazioni aggiuntive che il marchio vuole comunicare al mercato e al cliente. Poi bisognerebbe comprendere quali sono i partner tecnologici a cui è possibile appoggiarsi. Ci sono, infatti, dei fornitori in grado di supportare le aziende nel fornire le tecnologie abilitanti per l'adozione del Dpp.

Quali sono i costi che dovranno sostenere per l'implementazione delle tecnologie adatte a supportare il Dpp?

Naturalmente l'azienda si deve aspettare dei costi di implementazione sia per il Digital product passport, sia per le piattaforme dedicate allo scambio dei dati, come anche del Qr code o Tag. Per rispondere a questa domanda in maniera puntuale posso dire che fare un'esplorazione con i fornitori potrebbe aiutare.

Qual è lo stato dell'arte delle aziende del tessile?

Le aziende del tessile vanno a velocità diverse, ci sono gli attendisti che stanno aspettando gli atti delegati che chiariranno nel dettaglio quanto stabilito dalla direttiva sull'ecodesign. Quest'ultima, infatti, è un telaio su cui poggeranno tutte le successive norme specifiche cui saranno tenute le aziende. Poi ci sono alcuni casi virtuosi di imprese, Save the Duck e Rifò, per esempio, che rappresentano esempi di come le aziende possano anticipare le normative europee, sperimentando già oggi prototipi di Dpp, di carta di identità digitale del prodotto, che dimostrano la concreta applicabilità di una tecnologia che punta alla sostenibilità. Si tratta di una minoranza che si contrappone alle aziende che, sia a causa della complessità, sia dell'incertezza normativa, si sono fermate.

Questa normativa non dovrebbe andare incontro alla trasparenza e alla semplificazione?

Si certo, il principio è la semplificazione e la volontà di rendere comprensibili al cliente finale tutta una serie di informazioni sul prodotto, così come sulle singole certificazioni ambientali dei tessuti. Le aziende avranno la possibilità di dialogare direttamente con il consumatore, avranno l'opportunità di raccontarsi e di raccontare il loro prodotto; per questo, come ho sottolineato prima, è necessario riflettere e capire quali sono le informazioni aggiuntive, oltre a quelle obbligatorie, che l'azienda vorrebbe fornire per evidenziare il proprio valore. La direttiva intende mettere al centro il consumatore per favorire acquisti consapevoli e sostenibili.

Come consorzio che tipo di aiuto date loro in questa fase?

Le imprese dovranno strutturarsi per raccogliere e condividere dati affidabili, mentre i consorzi dovranno supportarle nel costruire sistemi trasparenti e resilienti, anche con soluzioni comuni per i settori frammentati Per Erion Textiles, una volta definiti i confini normativi, bisognerà sviluppare soluzioni pilota avanzate, ovvero lavorare sulla creazione di sistemi di raccolta e gestione dati capaci di sfruttare le tecnologie blockchain per garantire l'immutabilità delle informazioni, la tracciabilità end-to-end e l’interoperabilità tra sistemi Epr esistenti. Sarà poi necessario costruire modelli collaborativi di filiera, realizzando piattaforme digitali comuni che connettano produttori, terzisti e operatori del recupero, e che siano capaci di garantire trasparenza normativa senza compromettere la riservatezza commerciale. Servirà, infine, una formazione specialistica con programmi mirati a introdurre nuove figure professionali capaci di gestire efficacemente i nuovi obblighi informativi.

Ma è necessario che all'interno dell'azienda ci sia una figura ad hoc?

Direi che non è necessario. Ci vuole una persona che abbia competenze di sostenibilità e di prodotto e l'It manager che deve supportare l'implementazione della piattaforma.

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