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European Clothing action plan: tra i partecipanti anche Primark e Ovs

Scritto da Isabella Naef

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Moda

Il programma quadriennale paneuropeo Ecap (European Clothing action plan), che si è svolto da settembre 2015 a dicembre 2019 con la gestione di Wrap, si completa questo mese con la pubblicazione del rapporto "Driving circular fashion and textile".

Tra i marchi e i retailer che hanno aderito all'European Clothing action plan anche Ovs, Primark e Zalando

Dati alla mano, grazie anche all'impegno dei produttori e retailer della moda, tra cui Ovs, Bobo Choses, Primark, Zalando, S.Oliver group, che hanno aderito al programma, l'impatto ambientale della moda sull'ambiente è stato ridotto in maniera sensibile.

L'Ecap è uno dei primi progetti Life finanziati dall'Ue per l'abbigliamento sostenibile in Europa che intende influenzare le azioni positive lungo l'intera catena di approvvigionamento. La relazione di sintesi illustra in dettaglio i risultati ottenuti in una serie di progetti di innovazione..

Pubblicato il rapporto "Driving circular fashion and textile"

La relazione "Driving circular fashion and textile" indica i risultati di alcuni progetti pilota: dall'introduzione di pratiche di progettazione e produzione sostenibili alla pressione del consumo sull'ambiente. L'Ecap si è concentrato anche sul miglioramento della raccolta dei tessuti, sul riciclaggio e sul ritrattamento attraverso la ricerca.

Per quanto riguarda l'utilizzo di fibre riciclate, nove aziende, dai marchi di moda alle aziende di abbigliamento da lavoro, all'abbigliamento per bambini alla biancheria alberghiera, hanno partecipato a progetti pilota per recuperare e trasformare le fibre in nuovi capi di abbigliamento attraverso la rigenerazione. In questo modo si è cercato di ridurre l'uso di materiali vergini, risparmiare acqua ed energia e ridurre la quantità inviata in discarica o all'incenerimento. Asos, per esempio, ha prodotto una gamma di jeans denim realizzati fino al 20 per cento in cotone riciclato, mentre Schijvens Corporate Fashion ha prodotto t-shirt, polo e camicie realizzate con il 30 per cento di tessuti post-consumo, il 20 per cento di rifiuti tessili industriali (cotone) e il 50 per cento di Pet (da bottiglie).

Per quanto concerne l'approvvigionamento di fibre sostenibili, una serie di marchi e rivenditori europei ha condotto dei progetti pilota per reperire fibre più sostenibili per ridurre l'impatto dell'abbigliamento prodotto e venduto sul mercato europeo.

"Questo è stato un lavoro enorme da parte di molti partner, in molti paesi. Attraverso l'Ecap, i rivenditori e i marchi hanno ridotto l'impronta dei capi che vendono L'abbigliamento è al sesto posto nella spesa delle famiglie, ma il suo costo ambientale è di gran lunga superiore. L'industria dell'abbigliamento ha un'enorme impronta ambientale in tutta la sua catena di fornitura e a fine vita. La sua portata è globale e i suoi impatti sono profondi. Anche noi, come consumatori, contribuiamo direttamente allo stress posto sul pianeta dal modo in cui ci vestiamo. La sfida dell'Ecap è stata quella di migliorare la produzione, la fornitura, l'uso e lo smaltimento dei nostri abiti secondo modalità che le imprese e le persone adotteranno", ha detto, in una nota, Peter Maddox, direttore del Wrap, un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 2000 che lavora con i governi, le imprese e i cittadini per creare un mondo in cui si trovano e utilizzano le risorse in modo sostenibile.

Il progetto ha inteso anche coinvolgere e sensibilizzare i giovani consumatori, gli europei acquistano in media 26 kg di tessuti per persona all'anno e ne scartano 11 kg.

Foto: Pexels

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