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Fine degli influencer? No, ma devono essere autentici e molto affidabili

Scritto da Isabella Naef

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Moda |Opinion

Il 68 per cento dei consumatori è infastidito dalla quantità di contenuti sponsorizzati sui social media Credits: Pexels, Lisa Fotios

Il rischio di sbagliare influencer per le aziende della moda è da sempre piuttosto alto perchè legano il nome del marchio a quello di una persona, spesso un personaggio divenuto popolare sul web senza particolari professionalità o competenze, senza etica, se non quella di guadagnare sponsorizzando questo o quel prodotto. La perdita di fiducia nei confronti di questa persona da parte dei consumatori comporta, inevitabilmente, un crollo reputazionale anche per il brand.

La perdita di fiducia nei confronti dell'influencer allontana dal marchio sponsorizzato

La notizia di questi giorni, relativa alla sanzione da parte dell'Antitrust alle società Fenice e Tbs Crew, che gestiscono i marchi e i diritti relativi a Chiara Ferragni, rispettivamente per 400 mila euro e per 675 mila euro, e all’azienda dolciaria Balocco per 420 mila euro, è solo un esempio. Nel dettaglio, l'Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha contestato alle tre società di aver attuato una pratica commerciale scorretta per aver pubblicizzato il “Pandoro pink Christmas”, in commercio nel 2022: "le tre società lasciando intendere ai consumatori che, comprandolo, avrebbero contribuito a una donazione all'Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing".

Dopo l'annuncio della sanzione, ieri, Safilo Group ha comunicato "l’interruzione dell’accordo di licenza per il design, la produzione e la distribuzione delle collezioni eyewear a marchio Chiara Ferragni a seguito di violazione di impegni contrattuali assunti dalla titolare del marchio". Inoltre, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo conoscitivo a modello 45, senza ipotesi di reato né indagati, per il caso che ha coinvolto Chiara Ferragni e l'azienda Balocco per la pubblicità del pandoro.

Vedremo nei prossimi giorni se anche altre griffe si allontaneranno dalla Ferragni e se le aziende della moda, in generale, decideranno di essere maggiormente guardinghe, sia nel timore di dover sborsare dei bei soldoni per pagare eventuali multe dell'antitrust, sia nel timore di vedere sfumare le vendite legate alla disaffezione dei consumatori.

I giornalisti non possono fare pubblicità, nemmeno sui social

Sta di fatto che l'attenzione di chi segue gli influencer sul web si sta facendo alta, sia nel pizzicare gli influencer che, pur essendo pagati per fare storie o post pubblicitari, scordano troppo spesso di mettere gli hashtag “adv” o “ad”, oppure “fornito da” o “regalato da” con il nome del marchio, sia nel non lasciarsi ammaliare dai giornalisti che in barba a qualsiasi etica e deontologia professionale, sfruttando la loro visibilità per fare pubblicità, condotta assolutamente incompatibile con la professione e anche sanzionabile.

“Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l’esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l’immagine, per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell’autonomia professionale. Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo” recita la Carta dei doveri nel paragrafo dedicato a “Informazione e pubblicità”.

Il 65 per cento dei consumatori si affida meno agli influencer di moda rispetto agli anni precedenti

Al di là dei timori delle sanzioni e della perdita di credibilità, però, già da qualche tempo i consumatori sembrano decisi a volere maggiore autenticità e credibilità da parte degli influencer. Insomma, nei criteri di selezione dei contenuti sui social media la fiducia nei confronti dell'influencer è parte determinante. A evidenziarlo anche The State of fashion 2024, rapporto annuale messo a punto da McKinsey & Company e da Business of fashion. Secondo lo studio, infatti, per i brand marketer è tempo di aggiornare i loro influencer. Una nuova schiera di personalità creative sta conquistando l'attenzione dei brand, conquistando la fiducia tra i pubblici più importanti. Dai dati del rapporto emerge anche che il 68 per cento dei consumatori si sente infastidito dalla quantità di contenuti sponsorizzati sui social media e il 65 per cento si affida meno agli influencer di moda rispetto agli anni precedenti.

I consumatori chiedono sempre più autenticità, intrattenimento e personalità affidabili

"I consumatori chiedono sempre più autenticità, intrattenimento e personalità affidabili", si legge nel rapporto. "Per catturare e mantenere l'attenzione dei consumatori online nel 2024, i responsabili del marketing della moda probabilmente si libereranno dalle routine già collaudate ed esploreranno nuove strade per collaborare con i creatori".

Su Instagram, i tassi di coinvolgimento sono diminuiti di circa il 30 per cento

Insomma, catturare l'attenzione dei consumatori online non sarà cosi facile per le aziende del settore moda. Su Instagram, i tassi di coinvolgimento sono diminuiti di circa il 30 per cento su base annua nel 2022, mentre la portata dei post è diminuita, spiega The State of fashion 2024.

I consumatori mostrano segni di stanchezza nei confronti del tradizionale influencer marketing, dopo anni di bombardamento con di promozioni di prodotti e annunci di marchi.

I consumatori mostrano segni di stanchezza nei confronti del tradizionale influencer marketing Credits: Pexels, Tracy Le Blanc
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