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Il 68 per cento degli italiani vuol comprare abbigliamento sostenibile

Scritto da Isabella Naef

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Moda

Pexels: Ketut Subiyanto

L’83 per cento degli italiani indossa il più possibile i vestiti già presenti nel proprio armadio, anche se oltre il 43 per cento (nello specifico, 34,8 per cento degli uomini e 52,5 per cento delle donne) afferma di aver acquistato più volte indumenti e scarpe e di non averli mai indossati. In caso di acquisto, il 68 per cento intende comprare capi d’abbigliamento sostenibili, il 66 per cento ridurre la quantità di indumenti comprati, il 51 per cento dichiara di puntare su vintage e usato.

Il 51 per cento dichiara di puntare su vintage e usato

E più dell’81 per cento è attivo per dare una seconda vita agli abiti che non utilizza più.

Sono questi alcuni dei dati del Rapporto del Pulsee Luce e Gas Index, osservatorio sulle abitudini degli italiani realizzato da Pulsee, brand digitale e green di luce e gas di Axpo Italia, in collaborazione con la società di ricerche di mercato NielsenIq.

Come mette in luce lo studio, nonostante le criticità degli ultimi tempi, lo shopping continua a essere considerato un’attività di svago e divertimento. Per oltre l’81 per cento degli intervistati “fare acquisti” è infatti positivo e, per il 50 per cento, persino piacevole, oltre che restare ancora un’esperienza fortemente “analogica” (per il 70 per cento avviene in store e negozi “fisici” rispetto al 30 per cento che si affida agli ecommerce). D’altronde, il modo di vestirsi viene visto come un’importante espressione della propria identità (più del 76 per cento del campione analizzato).

In base al rapporto, che ha coinvolto un campione di uomini e donne tra i 18 e i 65 anni residenti in tutta Italia, il 32 per cento acquista vestiti 1-2 volte al mese, mentre diventa un’operazione più saltuaria (1-2 volte ogni sei mesi) per il 22 per cento. Queste abitudini riflettono un’elevata sensibilità nei confronti della moda sostenibile (72,5 per cento degli intervistati) e come il “comprare consapevolmente” capi d’abbigliamento sia ritenuto prioritario per ridurre l’impatto ambientale dei consumi individuali (80,5 per cento).

Il 50 per cento del campione possiede dai 50 ai 150 vestiti

Circa il 50 per cento del campione analizzato ha stimato di avere rispettivamente dai 50 ai 150 vestiti e dalle 5 alle 10 paia di scarpe nel guardaroba di casa. Tuttavia, in vista del progressivo rinnovamento del vestiario, c’è una forte aspettativa di cambiamento da parte dei consumatori nei confronti dei marchi: per più dell’82 per cento è necessario che i grandi brand di moda riducano i consumi di energia, di acqua e altre materie prime a favore di una catena di fornitura e prodotti più sostenibili.

Nel dettaglio, tra i principali requisiti di sostenibilità per un capo d’abbigliamento, figurano: processi produttivi che rispettano standard ambientali (53,5 per cento degli intervistati), selezione di materiali naturali/organici (45,5 per cento), garanzia di condizioni dignitose per i lavoratori che intervengono nel processo di produzione (44,5 per cento, con un picco del 57,6 per cento nella fascia 18-25 anni), resistenza e robustezza costruttiva (39 per cento). Importante è ritenuta anche l’applicazione dei principi di economia circolare, usando materiale proveniente da scarti (26,5 per cento). Inoltre, in fase di acquisto, la preferenza è data principalmente a t-shirt e magliette “green” (46,9 per cento), maglioni e felpe (31,1 per cento), intimo e pigiami (24,6 per cento).

Lo studio mette in luce anche alcuni limiti per la diffusione dell’abbigliamento sostenibile: per il 34,9 per cento del campione, il prezzo elevato costituisce una barriera d’accesso insieme alla difficoltà di individuare punti vendita dove poter acquistare. Ad ogni modo, esiste un’alternativa vantaggiosa per l’ambiente: il mercato dell’usato e del vintage. In quest’ambito si compra tramite siti specializzati (39,4 per cento degli intervistati), ma anche presso le bancarelle dei mercati rionali (34,6 per cento) e nei negozi (30,3 per cento).

Dall'indagine emerge poi che il mercato “second hand” dell’abbigliamento piace, soprattutto ai genitori. Il 42,6 per cento compra vestiti usati per i propri figli, mentre l’86,3 per cento afferma di aver recuperato abbigliamenti e accessori regalati da parenti e amici che hanno bambini più grandi. A questa pratica si aggiunge lo “swapping”, ovvero lo scambio di vestiti con altre persone, che resta però un fenomeno circoscritto: soltanto il 15,8 per cento del campione vi ricorre frequentemente attraverso una cerchia di contatti intimi, come la famiglia o gli amici.

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