Il Parlamento europeo ha votato contro il fast fashion
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Sono 600 i deputati a favore di una nuova regolamentazione dei prodotti tessili
Sono 600 i deputati a favore di una nuova regolamentazione dei prodotti tessili che tuteli e rispetti l'ambiente. “L’industria della moda deve trasformare le sue pratiche dannose e rispettare i diritti sociali e l’ambiente”. Questo il messaggio dell’Eeb, European environmental bureau, che emerge dal voto di mercoledì 31 maggio.
L’industria della moda deve trasformare le sue pratiche dannose
Insomma, bisogna combattere la moda usa e getta che ogni anno porta gli europei a buttare via 11 chilogrammi di tessuti ogni anno, a livello globale un camion carico di tessuti viene messo in discarica o incenerito ogni singolo secondo. L’Europarlamento ha approvato con 600 voti a favore, 17 contrari e 16 astensioni, una serie di raccomandazioni alla Commissione europea per la sua Strategia per un’industria tessile più sostenibile e circolare.
Misure specifiche da affrontare nella futura legislazione Ue
Il Parlamento afferma che i consumatori dovrebbero disporre di maggiori informazioni per fare scelte sostenibili e chiede che nella prossima revisione del regolamento sulla progettazione ecocompatibile sia vietata la distruzione dei prodotti tessili invenduti e restituiti. I deputati chiedono regole chiare per fermare il greenwashing da parte dei produttori, per esempio attraverso il lavoro legislativo in corso relativo alla responsabilizzazione dei consumatori nella transizione verde e alla regolamentazione delle dichiarazioni verdi.
Chiesti obiettivi specifici per la prevenzione, la raccolta, il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti tessili
I deputati chiedono inoltre che la prossima revisione della Direttiva quadro sui rifiuti includa obiettivi specifici e separati per la prevenzione, la raccolta, il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti tessili. Esortano la Commissione a lanciare l'iniziativa per prevenire e ridurre al minimo il rilascio di microplastiche e microfibre nell'ambiente, senza ulteriori ritardi.
Roberta Metsola ha ricordato il decimo anniversario del crollo del Rana Plaza in Bangladesh
In una dichiarazione in plenaria di mercoledì, seguita da una serie di interventi di gruppi politici, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha ricordato il decimo anniversario del crollo della fabbrica di abbigliamento Rana Plaza in Bangladesh, che ha ucciso 1134 persone. Metsola ha ricordato che questa catastrofe è stata un campanello d'allarme per il mondo occidentale, compresa l'Ue, che ha la responsabilità di "riconoscere le conseguenze dell'anteporre le preferenze dei consumatori per l'abbondanza e l'accessibilità economica alla moderazione e alla sostenibilità".
I consumatori da soli non possono riformare il settore tessile attraverso le loro abitudini di acquisto
"I consumatori da soli non possono riformare il settore tessile globale attraverso le loro abitudini di acquisto. Se lasciamo che il mercato si autoregoli, lasciamo la porta aperta a un modello di fast fashion che sfrutta le persone e le risorse del pianeta. L'Ue deve obbligare per legge i produttori e le grandi aziende di moda a operare in modo più sostenibile. Le persone e il pianeta sono più importanti dei profitti dell'industria tessile. I disastri che si sono verificati in passato, come il crollo della fabbrica Rana Plaza in Bangladesh, le discariche tessili in crescita in Ghana e Nepal, l'acqua inquinata e le microplastiche nei nostri oceani, dimostrano cosa succede quando non perseguiamo questo principio. Abbiamo aspettato abbastanza: è ora di cambiare", ha detto la relatrice tedesca Delara Burkhardt.
Sottoscritta una Dichiarazione di "Slow fashion"
A fine maggio, a Parigi, i sindaci di oltre 30 città del mondo si sono riuniti a ChangeNow, un evento dedicato alle soluzioni per salvare il pianeta, per sollevare le preoccupazioni sull'impatto dannoso del fast fashion sulle loro città e sull'ambiente.
Rappresentando una popolazione collettiva di 6,5 milioni di cittadini, i rappresentanti di dieci città europee: Dublino, Parigi, Strasburgo, Bordeaux, Leuven, Annecy, Bologna, Rzeszów, Terrassa e Turku, si sono riuniti per sottoscrivere la Dichiarazione di slow fashion. Questo sforzo congiunto mira a sollecitare l'Unione Europea, il G7 e l'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) a stabilire regolamenti che garantiscano la parità di condizioni tra gli imprenditori della "moda lenta" e i conglomerati della "moda veloce", il cosiddetto fast fashion.
La dichiarazione delinea diversi obiettivi chiave
La dichiarazione delinea diversi obiettivi chiave, tra cui la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle conseguenze sociali e ambientali del fast fashion. Inoltre, mira a facilitare l'accesso ai siti di produzione e vendita facendo leva sul sostegno pubblico per ridurre gli affitti per le attività legate allo slow fashion. Viene inoltre sottolineato il sostegno finanziario alla ricerca e all'innovazione di soluzioni tecniche ecocompatibili e alla creazione di posti di lavoro a livello locale.
La dichiarazione chiede un sostegno finanziario per i nuovi modelli di business nel settore della moda e incoraggia il riorientamento delle sovvenzioni e dei prestiti per sostenere le aziende con un impatto positivo, sottolineando il ruolo degli appalti pubblici nella promozione di nuovi mercati e clienti per le imprese sostenibili.
L'industria tessile è attualmente responsabile di un significativo degrado ambientale e di violazioni dei diritti umani, ha spiegato ChangeNow in un comunicato. Il movimento Slow fashion mira a contrastare questi problemi sostenendo pratiche di produzione etiche ed eque, che diano priorità alla sostenibilità ambientale e al miglioramento delle condizioni di lavoro per gli operatori del settore.
Regolamenti ambiziosi in scala
Per raggiungere i suoi obiettivi, la Dichiarazione di Slow fashion spinge per l'adozione di regolamenti ambiziosi a livello internazionale, europeo e nazionale. A livello internazionale ed europeo, propone misure come il divieto di pratiche commerciali sleali, il sostegno ai Paesi produttori attraverso riforme della governance e l'applicazione delle leggi e il divieto di incentivare il consumo attraverso la pubblicità del fast fashion. La dichiarazione prevede anche l'implementazione di un solido meccanismo di aggiustamento delle emissioni di carbonio alle frontiere applicabile all'industria tessile e metodi per responsabilizzare le imprese attraverso una direttiva Ue sulla due diligence di sostenibilità aziendale. Tra gli altri punti di attenzione, il divieto di utilizzare sostanze chimiche nell'industria tessile, l'istituzione di un marchio europeo Slow fashion per informare i consumatori sull'origine e sull'impatto ambientale dei capi di abbigliamento e il sostegno alla coltivazione di materie prime tessili biologiche in Europa.
"Non vogliamo aspettare che venga distrutta altra natura e biodiversità. Non vogliamo un altro Rana Plaza, né vogliamo che gli stilisti e gli imprenditori della moda slow vadano in bancarotta. Vogliamo un divieto per la moda ultraveloce, regole di concorrenza leale in modo che tutti noi possiamo essere sicuri che i vestiti che indossiamo siano fatti da persone che amano il loro lavoro e che non danneggiano l'ambiente", ha sottolineato Barbara Trachte, segretario di stato per la transizione economica e la ricerca scientifica del Governo della Regione di Bruxelles-Capitale e promotrice della Dichiarazione di Slow fashion.
I sindaci di varie città, tra cui Rzeszów, in Polonia, e Parigi hanno fatto eco al sentimento e all'importanza della collaborazione per guidare il cambiamento. Hanno sottolineato l'importanza delle iniziative locali, delle economie circolari e del ruolo degli standard nazionali e internazionali nella trasformazione dei metodi di produzione e dei comportamenti di consumo.