Inchiesta Altroconsumo: non ci sono differenze tra t-shirt premium ed economiche
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Le t-shirt da pochi euro hanno una resistenza comparabile a quella dei modelli più costosi. Insomma, secondo l’indagine dell’organizzazione indipendente di consumatori in Italia, che conta sul sostegno di 700mila persone, fra iscritti (345mila) e simpatizzanti, spendere di più quando si tratta di magliette non assicura una riuscita migliore di un investimento più contenuto. “Si può essere certi che una t-shirt da 70 euro sia qualitativamente migliore di una che costa 4 euro? Stabilire quanto sia sostenibile un capo di abbigliamento è molto complicato, sia perché le etichette non sono di alcun aiuto sia perché le filiere produttive del tessile sono molto complesse e ramificate”, sottolineano gli esperti di Altroconsumo. Esistono invece dei test di laboratorio specifici che permettono di verificare la resistenza all’uso, obiettivo di questa inchiesta.
L’inchiesta ha messo a confronto il modello low cost con quello premium di Adidas, Decathlon, Nike, H&M, Muji, Benetton e Zara
“Tutte le volte che si parla di moda sostenibile è immancabile sentire additare quale massimo esempio negativo la t-shirt venduta a pochissimi euro. Troppo poco, dicono gli esperti, per garantire standard etici e ambientali accettabili, troppo poco per offrire un prodotto di qualità che duri nel tempo. Sicuri che questo ragionamento stia in piedi in tutte le sue parti?”, si chiede, ancora, l’organizzazione dei consumatori.
Altroconsumo ha comprato dagli eshop di tre brand di abbigliamento sportivo e di quattro di moda casual, e ha acquistato ogni volta due modelli di t-shirt, uno a basso costo e uno di costo più elevato (“premium”), con lo scopo di metterli a confronto. E’ stato scelto un tipo di capo non soggetto alle mode e di cui tutti posseggono almeno un esemplare nel proprio armadio, rigorosamente di colore scuro (blu o nero), in modo da poter verificare anche il grado di tenuta del colore. Per le prove di laboratorio Altroconsumo ha optato per uno dei protocolli più severi, che permettono di evidenziare maggiormente le differenze di performance tra le varie t-shirt, dal momento che metodologie di analisi meno “stressanti” non sono abbastanza sensibili per evidenziare disomogeneità. Nonostante tra la t-shirt low cost e quella premium di uno stesso marchio ci sia una differenza di prezzo che va dall’80 per cento (Muji) al 300 per cento (H&M), gli esiti delle prove non evidenziano mai notevoli difformità qualitative tra le due versioni. Solo per Zara e Nike Altroconsumo ha notato una certa superiorità della t-shirt più costosa, “ma siamo lontani da una vittoria schiacciante. In tutti gli altri casi la versione che primeggia lo fa di strettissima misura: è quella premium per Adidas, H&M e Muji, quella base per Benetton e Decathlon. Insomma, maggiorazioni di prezzo così importanti non sono giustificate da incrementi parimenti significativi in termini di qualità e resistenza”, sottolinea l’associazione di consumatori.
Neppure un’analisi più dettagliata dei risultati consente di trarre deduzioni più generali sulla base delle differenze di prezzo. Il colore resiste meglio ai lavaggi nei modelli d’alta gamma, mentre nelle prove di usura sono le magliette della linea basic a ottenere in più casi risultati migliori.
Il mantenimento della forma e delle misure a seguito dei lavaggi e delle asciugature sembra più legato al tipo di tessuto che ad altri fattori: le t-shirt di cotone tendono ad allargarsi o a restringersi (cambio di dimensioni), mentre quelle di tessuto sintetico, come il poliestere, tendono maggiormente alle alterazioni di forma. L’esiguità del campione di capi in materiale riciclato non permette una riflessione su basi solide.
“Quali conclusioni allora si possono trarre dalla nostra indagine? Si chiede Altroconsumo. “Che spendere di più non dà la certezza di assicurarsi una maglietta di qualità migliore: ovvero, considerando le nostre prove, che non stinge, resiste all’usura, non subisce cambi di forma né di dimensioni. In altre parole, un prodotto destinato a durare più a lungo nel tempo, e quindi a vedere ridotta la propria impronta ecologica. Se il prezzo maggiore, nel caso delle magliette premium, sia soltanto il risultato di politiche di marketing o sia invece dovuto a costi di ricerca e sviluppo o sia servito a remunerare meglio i lavoratori, oppure a tutto questo messo insieme, solo le aziende possono dircelo”, ha concluso l’associazione dei consumatori.