L'industria della moda è in ritardo quando si parla di circolarità
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Secondo una recente indagine condotta dal Kearney consumer institute (Kci) in Italia, Francia e Stati Uniti, esiste una chiara carenza nell'educazione dei consumatori alla sostenibilità nell'acquisto e nello smaltimento dei prodotti di moda.
I risultati indicano che quasi la metà degli intervistati non sa se i materiali vergini siano superiori o inferiori alle alternative riciclate/riciclate. Tra il 30 e il 40 per cento dei partecipanti all'indagine non è a conoscenza della possibilità di restituire gli abiti per il riciclo oppure non conosce il processo. Di conseguenza, non sorprende che la maggioranza dei consumatori preferisca donare gli abiti o condividerli con amici e familiari. Anche se, nel migliore dei casi, ciò può portare al riutilizzo degli indumenti, il più delle volte essi finiscono per essere conservati fino al successivo ciclo di donazione. Anche il mercato della rivendita di seconda mano, che ha il potenziale per un ulteriore sviluppo, è al di sotto del suo pieno potenziale.
Patagonia, Levi's, The North Face, Ovs, Gucci, Madewell, Coach, Esprit, Lululemon Athletica e Lindex le più virtuose
Il terzo rapporto annuale "Circular fashion index" Cfi 2023 di Kearney rivela anche una sconcertante mancanza di urgenza tra i 200 marchi valutati per quanto riguarda gli obiettivi climatici. Nonostante la pressante necessità di agire, i produttori di abbigliamento continuano a dare la priorità al fatto di rifornire il mercato con più prodotti, ricorrendo all'incenerimento come mezzo per smaltire le scorte invendute, piuttosto che trovare usi alternativi.
Il rapporto sottolinea che i produttori si affidano in larga misura a materiali vergini e non riescono a educare i consumatori su come smaltire in modo responsabile gli indumenti usati. Inoltre, l'indagine rileva che l'infrastruttura per la consegna e la raccolta degli indumenti è ancora poco sviluppata. Il processo di smistamento degli abiti usati è ritenuto complesso e costoso a causa della mancanza di progetti per disassemblare i prodotti di moda in sottocomponenti riutilizzabili.
Kearney afferma che anche i consumatori sono responsabili della loro limitata esplorazione delle opzioni di donazione, riciclaggio e riparazione. Secondo Brian Ehrig, partner di Kearney e coautore del rapporto, la popolarità del mercato della rivendita è riconosciuta, soprattutto per il suo potenziale di profitto.
Mancanza di circolarità
Kearney ha anche sottolineato l'inadeguatezza degli sforzi compiuti per comunicare ai consumatori l'importanza della circolarità, una preoccupazione rafforzata dai risultati del suo rapporto.
Per quanto riguarda il mercato secondario, si nota una notevole mancanza di progressi nello sviluppo dei servizi di noleggio, il che, secondo Kearney, è comprensibile data la complessità dell'implementazione. È sconcertante osservare la limitata disponibilità di comode opzioni di riconsegna per gli abiti indossati, che svolgono un ruolo fondamentale nel prolungare la durata di vita degli indumenti e nel garantire l'accesso ai materiali per il riciclaggio e l'upcycling. Inoltre, l'assortimento di articoli usati rimane limitato, Inoltre, l'assortimento di articoli usati rimane limitato, potenzialmente a causa del coinvolgimento di operatori specializzati in questo particolare settore.
Tuttavia, Kearney identifica alcuni marchi come eccezioni degne di nota che dimostrano un impegno verso la sostenibilità. L'elenco dei primi 10 marchi riconosciuti per le loro pratiche responsabili è simile a quello del 2022 e comprende Patagonia, Levi's, The North Face, Ovs, Gucci, Madewell, Coach, Esprit, Lululemon Athletica e Lindex. Madewell viene elogiata per l'accettazione di jeans usati nei suoi negozi al dettaglio e per l'offerta di abbigliamento usato o riciclato attraverso il programma "Madewell forever". Coach viene elogiato per il suo sottomarchio "Coachtopia", che si concentra sulla vendita di articoli realizzati con materiali riciclati o riciclabili.
Kearney non ha reso pubblico l'elenco delle aziende con i peggiori risultati
Secondo le osservazioni di Kearney, la maggior parte delle aziende non riesce a stabilire o divulgare obiettivi ambientali ben definiti e misurabili, ostacolando la creazione di quadri ambientali a livello di settore come la circolarità.
Tuttavia, si prevede una rapida trasformazione a seguito delle prossime normative. Un esempio è la direttiva europea sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese (Crsd), introdotta di recente, che mira ad allineare gli standard di rendicontazione della sostenibilità con quelli della rendicontazione finanziaria.
In base alla Crsd, il reporting di sostenibilità diventerà parte integrante del bilancio annuale e sarà sottoposto a revisione da parte di terzi. Inizialmente applicabile alle società quotate in borsa, la Crsd estenderà gradualmente la sua portata a tutte le società operanti nell'Unione europea che soddisfano criteri specifici in termini di vendite e dimensioni della forza lavoro entro il 2028. Questo sviluppo normativo è destinato a svolgere un ruolo cruciale nel guidare i progressi verso la responsabilità ambientale e la trasparenza in tutto il panorama aziendale.
Scritto originariamente da Don-Alvin Adegeest per l'edizione uk, tradotto da Isabella Naef per fashionunited.it