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Le lavoratrici di Max Mara scioperano per chiedere dignità, rispetto e diritti

Scritto da Isabella Naef

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Moda
Max Mara FW25 Credits: Launchmetrics/spotlight

Lo sciopero si è svolto il 21 maggio ma l'eco mediatica è arrivata in questi giorni dopo che alcune operaie di Max Mara hanno riferito al Fatto Quotidiano di essere trattate "come mucche da mungere. Ci hanno detto che siamo grasse, obese, e ci hanno consigliato gli esercizi da fare a casa per dimagrire. Ci pagano praticamente a cottimo e controllano anche quante volte andiamo in bagno", scrive il quotidiano romano. Il giorno dello sciopero le rappresentanze sindacali hanno sottolineato, attraverso una nota, che "la lotta delle lavoratrici di Manifattura San Maurizio (Reggio Emilia, ndr) continua e si sposta al Tecnopolo in occasione della presentazione del progetto del nuovo Polo della moda che vede il Gruppo Max Mara protagonista dell’ambizioso progetto di restyling dell’ex-area Fiere di Mancasale".

In un video della Gazzetta di Reggio le lavoratrici della Manifattura di San Maurizio hanno raccontato di subire vessazioni, di lavorare a cottimo e di incontrare difficoltà nell'avere un confronto con l'azienda.

FashionUnited ha contattato Max Mara per un commento; al momento, non è arrivata alcuna dichiarazione ufficiale.

Filctem e Cgil affermano che “queste lavoratrici stanno chiedendo dignità, rispetto e la garanzia di diritti basilari"

Attraverso una nota, Filctem e Cgil, che hanno organizzato lo sciopero, affermano che “queste lavoratrici stanno chiedendo dignità, rispetto e la garanzia di diritti basilari che nel 2025 non dovrebbero essere oggetto di trattativa. La loro esasperazione deve essere ascoltata dalla direzione aziendale ma anche da istituzioni e dalla popolazione reggiana cui chiediamo piena solidarietà".

“Alla base della protesta ci sono permessi negati, ferie imposte, ritmi insostenibili che producono danni fisici e malattie professionali, nessun riconoscimento salariale: questo è il quotidiano di 200 dipendenti che ora hanno deciso di dire basta e chiedono si attui un dialogo costruttivo con la direzione", ha concluso il sindacato. "Chiediamo che anche il Comune, che gestirà assieme a Max Mara la riqualificazione della area dell’ex-Fiere, non si dimentichi del lavoro ma faccia del rispetto dei contratti e delle relazioni sindacali un elemento importante di tutte le discussioni future”, specifica la nota dei sindacati.

I sindacati sottolineano che alla base della protesta ci sono permessi negati, ferie imposte, ritmi insostenibili

“Non ce la facciamo più, sono anni che sopportiamo i soprusi in silenzio”, ha rivelato al Fatto Quotidiano una delle sarte della Manifattura di San Maurizio. Nei reparti dove l'azienda confeziona i cappotti le operaie vivono "un clima tossico, fatto di pressioni continue, insulti e turni massacranti", riporta il quotidiano romano.

“Qui siamo fermi agli anni ‘80. Nonostante i nostri sforzi per costruire un confronto produttivo la direzione aziendale ha alzato un muro ed è indisponibile alle nostre richieste e ad ascoltare i problemi concreti delle maestranze. Questo sciopero vuole dare un segnale forte alla direzione affinché si possa inaugurare una nuova fase di relazioni improntate in primis sul rispetto di chi lavora”, ha aggiunto Erica Morelli, segretaria generale della Filctem Cgil provinciale.

Secondo le rappresentanze dei lavoratori, "mentre Max Mara si bea dell’acquisizione della area ex fiere di Reggio Emilia denominata Polo della moda le condizioni di chi quotidianamente garantisce il successo del brand sono sempre le stesse a partire dalla mancata applicazione del Ccnl di riferimento”, ha specificato la Filctem.

"È inaccettabile che un brand internazionale come Max Mara, che vanta di essere “made in italy” nelle produzioni, pensi di lasciare senza i diritti chi quelle eccellenze le realizza”, hanno ribadito Sonia Tosoni, segretario nazionale della Filctem Cgil e Simone Cavalieri, segretario generale della Filctem Emilia Romagna.

La lotta delle lavoratrici di Manifattura San Maurizio (Reggio Emilia, ndr) davanti al Tecnopolo Credits: Filctem Cgil
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