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Metaverso e tutela di beni reali e digitali

Scritto da Guest Contributor

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Foto: Decentraland avatar, Courtesy of Decentraland

Secondo gli esperti entro il 2026 il 25 per cento delle persone passerà almeno un’ora al giorno nel metaverso per lavoro, shopping, formazione, attività sociali e intrattenimento. Gli analisti di Bloomberg prevedono che il metaverso genererà entro il 2024 un business da 800 miliardi di dollari, e anche l'abbigliamento digitale è un mercato in rapida crescita, tanto che la Morgan Stanley prevede che potrebbe valere 50 miliardi di dollari entro il 2030.

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A fine marzo l'universo virtuale Decentraland ha ospitato la prima Metaverse fashion week, con la presenza di oltre 50 marchi.

Già molte imprese hanno depositato i propri marchi per prodotti virtuali. Le prime sono state ovviamente quelle di maggiori dimensioni, come Nike, Abercrombie, Victoria’s Secret, Clinique, L’Oreal, Walmart, Johnson & Johnson, Mastercard, Red Bull, ma la tendenza sta prendendo piede in tutto il mondo.

Pare che Amazon stia cercando di creare una Amazon mall nel metaverso. Sono sorte anche le prime controversie riguardanti gli Nft e sono stati effettuati depositi in mala fede di marchi identici o simili a marchi noti. Il problema che si pone è se un marchio che tutela dei prodotti fisici, per esempio l’abbigliamento nella classe 25, possa ottenere tutela per dei prodotti virtuali.

Infatti, non vi sono ancora decisioni e sentenze in merito all’affinità fra beni del mondo reale e dell’universo digitale. Se i brand famosi possono contare sulla tutela extramerceologica, non altrettanto si può dire per gli altri marchi. Si rende quindi quanto mai opportuno tutelare il proprio marchio anche per i prodotti digitali.

Molte imprese hanno già inteso problematiche e opportunità, tanto che sinora sono stati depositati circa 700 marchi dell’Unione Europea per “Nft” e “prodotti virtuali”. Per il momento gli Uffici per la proprietà intellettuale dell’Unione Europea, del Regno Unito e degli Stati Uniti sembrano accettare definizioni quali “Prodotti virtuali scaricabili” e “Token non fungibili (Nft)” nella classe 9, “Servizi di divertimento, ovvero fornitura di prodotti da utilizzare in ambienti virtuali” nella classe 41 e “Prodotti virtuali non scaricabili” nella classe 42.

Occorrerà vedere come tali elencazioni verranno accolte dagli Uffici marchi di altre giurisdizioni. Per il momento quella più problematica è la cinese, dove per prassi vengono accettate solo le definizioni di prodotti e servizi presenti in una lista stilata dall’ufficio locale.

Considerata la peculiarità del metaverso, sarà opportuno valutare anche il deposito di marchi non tradizionali (marchi olografici, multimediali, di movimento), il cui utilizzo si adatta alla perfezione a un mondo digitale.

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Questo articolo è stato scritto per FashionUnited da Rosalba Palmas di Palmas IP.
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