Parte la campagna sui salari dignitosi
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Nel dettaglio, l'Eci desidera che le leggi dell'Ue chiedano alle aziende che vendono abbigliamento, prodotti tessili e calzature nell'Unione europea di agire sui salari dignitosi nelle loro catene di approvvigionamento. I marchi e i rivenditori sarebbero legalmente tenuti a valutare i salari nelle proprie catene produttive, mettere in atto piani per colmare il divario tra salario effettivo e salario minimo e rivelare pubblicamente i propri progressi. L'iniziativa può essere firmata al link italiano di Fashionrevolution, un movimento globale che nasce in Gran Bretagna da un’idea di Carry Somers e Orsola de Casto, pioniere del fair trade, per ricordare l’anniversario della strage del Rana Plaza a Dhaka, in Bangladesh, dove il 24 aprile 2013 per il crollo del polo produttivo tessile, hanno perso la vita 1138 persone e oltre 2500 sono state ferite. "In questo momento, la maggior parte delle persone che realizzano i nostri vestiti guadagnano salari da povertà mentre i marchi continuano a realizzare enormi profitti. Essendo il più grande importatore di vestiti al mondo e uno dei maggiori mercati di consumo di moda, con oltre 260 miliardi di euro di vendite previste nel 2022, l'Ue deve affrontare questo modello ingiusto e di sfruttamento", si legge in una nota.
I salari di povertà colpiscono i lavoratori ovunque. La maggior parte delle persone che confezionano i vestiti non guadagnano un salario dignitoso. I lavoratori dell'abbigliamento, per lo più donne, guadagnano in media il 45 per cento in meno di quanto necessario per provvedere a se stessi e alle loro famiglie. Nonostante gli orari di lavoro estenuanti, la maggior parte lotta per mettere in tavola cibo sano, vivere in alloggi adeguati, accedere all'assistenza sanitaria o persino mandare i propri figli a scuola. "Gli attuali salari minimi legali nel settore, stabiliti dai governi nei paesi produttori di abbigliamento, semplicemente non sono sufficienti per vivere. I salari di povertà sono endemici per l'industria globale. Colpiscono i lavoratori dell'abbigliamento ovunque. L'industria della moda dà lavoro a decine di milioni di persone nel mondo e 1,5 milioni nell'Ue, la maggior parte delle quali non riceve un salario minimo", prosegue la nota.