Smi: moda maschile a +2,1 percento nel 2017
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La moda maschile italiana (in un’accezione che comprende il vestiario e la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle), secondo le stime elaborate da Smi sulla base delle indicazioni provenienti dalle indagini campionarie interne nonché sulla base dell’andamento congiunturale del quadro macroeconomico di riferimento, dovrebbe archiviare il 2017 in crescita.
Il fatturato segna un +2,1 percento, a quasi 9,2 miliardi di euro. La moda maschile concorre così al 17 percento del turnover complessivamente generato dalla filiera tessile-moda nazionale e al 27,3 percento della sola parte abbigliamento.
Questi i dati di Sistema moda Italia diffusi in occasione dell'apertura di Pitti Uomo, al via da oggi, 9 gennaio, al 12 gennaio, alla Fortezza da Basso di Firenze.
Smi: la moda maschile concorre al 17 percento del turnover generato dalla filiera tessile-moda nazionale
Nel corso dell’anno è proseguito il trend espansivo delle vendite oltreconfine che ha caratterizzato il settore ininterrottamente dal 2010. Per l’export si stima una nuova accelerazione, che porterebbe il ritmo di crescita a +3 percento, corrispondente a un livello complessivo di quasi di 6 miliardi di euro.
Per l’import, invece, la dinamica è di segno negativo, che porta a prevedere, spiega Smi, una flessione, stimata al -1,1 percento. L'ammontare totale scenderebbe lievemente sotto quota 4 miliardi.
Un quadrodettagliato relativamente alle performance della moda uomo sui mercati internazionali si ottiene dall’analisi dell’interscambio con l’estero nei primi nove mesi del 2017. Nel periodo in esame il saldo commerciale sfiora 1,17 miliardi di euro e mostra un guadagno di quasi 182 milioni rispetto al dato dei primi nove mesi del 2016.
Sotto il profilo geografico, la Ue risulta interessata da dinamiche positive con riferimento all’export (+3,8 percento), mentre l’import sperimenta una flessione nell’ordine del -4,6 percento. Di contro, le piazze extra-Ue presentano una variazione positiva in entrambi i casi: l’export verso le aree non-Ue cresce del +3,6 percento, l’import sale del +2,2 percento.
Alla performance del Vecchio Continente, lato export, concorrono positivamente paesi come la Germania, che cresce del +8,0 percento, la Francia, pur in aumento solo del +0,7 percento, il Regno Unito, in aumento del +4,7 percento, la Spagna, interessata da una variazione del +3,6 percento oltre che, su livelli inferiori, l’Austria (+13,4 percento).
In ambito extra-comunitario, invece, gli Stati Uniti, terzo mercato in assoluto e primo non-Ue, hanno registrato una flessione pari al -4,3 percento. La Svizzera torna positiva, ma non va oltre al +0,7 percento.
Con riferimento al Far East, Hong Kong e Cina crescono rispettivamente del +2,7 percento e del +17,1 percento; sommati, questi due mercati raggiungono praticamente il livello di export diretto in Usa nel medesimo periodo. Di contro, il Giappone cede il -2,1 percento.
Russia e Corea del Sud sono entrambe caratterizzate da un aumento a doppia cifra, l’una del +16,3 percento, l’altra del +17,1 percento.
Relativamente ai mercati di approvvigionamento, la Cina, nonostante si confermi il top supplier in grado di assicurare il 20,5 percento della moda uomo importata in Italia, resta in calo contenendo tuttavia la dinamica al -1,0 percento. Continua l’avanzata del Bangladesh, in aumento del +10,7 percento e con uno share del 15,5 percento, sempre più vicino alla quota cinese.
Foto: Pitti Uomo website