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Sono 143 i marchi impegnati nell'economia circolare

Scritto da Isabella Naef

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Moda

Se ne parla da tempo e, da qualche anno, la cosiddetta economia circolare è entrata negli obiettivi di molte aziende. Non fa difetto in questo delicato, ma importantissimo impegno a salvaguardia del pianeta, anche l'industria della moda.

Certo, si tratta ancora di piccoli numeri ma la strada pare spianata. Dati alla mano, infatti, il 7,5 perecento dell'industria mondiale della moda ha sottoscritto la "Call to Action for a Circular Fashion System", dell'organizzazione Global Fashion Agenda, impegnandosi ad accelerare la transizione verso un sistema circolare in seno alla moda.

Il punto sulla situazione è stato fatto a maggio, durante, il Copenhagen Fashion summit. La mission di Global Fashion Agenda è di mobilitare l'industria della moda al fine di cambiare il modo in cui si produce e si consuma moda e il summit di Copenhagen è una piattaforma che permette ai manager del settore di confrontarsi, ai ricercatori di spiegare quali sono le leve e lo stato dell'arte delle tecniche e tecnologie innovative e sostenibili e alle aziende di elaborare piani e progetti ad hoc in nome della sostenibilità.

Il Copenhagen Fashion summit rappresenta anche il luogo ideale per lanciare iniziative concrete sul fronte dell'ambiente: è così che durante l'edizione dello scorso maggio, 64 aziende della moda, che rappresentano 143 etichette (7,5 percento dell'industria della moda) hanno firmato una lettera di impegno, come riportato dal rapporto "Pulse of the Fashion Industry". Asos, Adidas, Bestseller, Guess, Hugo Boss, Inditex, H&M Group, Kering, Reformation, Tommy Hilfiger e VF Corporation sono tra i firmatari.

Asos, Adidas, Guess, Hugo Boss, Inditex, H&M, Kering sono tra firmatari della Call to Action for a Circular Fashion System

Nel dettaglio, quindi, 143 marchi hanno aderito alla Call to Action della Global Fashion Agenda per garantire un futuro al pianeta. Insieme queste società si sono impegnate a mettere in piedi una strategia circolare in seno alle loro aziende, da ora al dicembre 2017, e a stabilire degli obiettivi da raggiungere entro il 2020. Nel dettaglio, questi brand hanno anche garantito il loro impegno a mettere in piedi una strategia circolare per la produzione, aumentare il volume e il trattamento di abiti usati raccolti, aumentare l'utilizzo di fibre tessili riciclate.

Il report “The Pulse of the Fashion Industry” pubblicato da Global Fashion Agenda e The Boston Consulting Group, sottolinea le principali sfide che interessano e continueranno a interessare il settore della moda e non solo di fronte ai cambiamenti climatici globali.

Come mette in luce l'indagine, la prima sfida è quella del costo del materiale grezzo, destinato ad aumentare se l’industria del fashion continuerà ad affidarsi a un modello “prendi, usa, getta”. Inoltre, il costo più grande a carico dell’ambiente risiede nella produzione. Per produrre un paio di jeans e di una maglietta, per esempio, si utilizzano oltre 20.000 litri d’acqua, secondo i dati presentati dal Wwf. Tra tutte le coltivazioni di materia prima, il cotone è la più impattante: produrre e gettare, sul modello di un’economia lineare, non è più sostenibile. L’aumento della necessità di acqua nel mondo e la sua scarsità impone una scelta: sono necessari modelli circolari e tecnologie volte a limitare l’impatto produttivo.

Foto: Per gentile concessione di I:CO e di Global Fashion Agenda
Boston Consulting Group
Global Fashion Agenda
I:CO