Sostenibilità: le aziende si bloccano davanti a dati e responsabilità
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Molte aziende che sono alle prese con le nuove normative nate per salvaguardare il pianeta, obbligando le imprese a pratiche e cicli produttivi maggiormente sostenibili, si sentono sopraffatte, inadeguate e, nella migliore delle ipotesi, arrancano, nella peggiore si bloccano davanti a direttive e regolamenti. L'incapacità di stabilire chi, in seno all'azienda, debba farsi carico di decisioni e processi, unita alla inadeguatezza e mancanza di abitudine alla raccolta dei dati e alle pressanti richieste di avere informazioni sempre più dettagliate, sono alcuni dei principali ostacoli. Inoltre, a livello europeo, manager e aziende sembrano reagire in maniera disomogenea davanti alle normative.
La maggior parte delle aziende si sente frustrata
In un report messo a punto da Renoon, startup attiva nel campo della sostenibilità in Olanda, emergono in maniera evidente sforzi, limiti e difficoltà dei marchi della moda in tema di sostenibilità. La startup, a novembre, ha realizzato diverse tavole rotonde nelle città di Parigi, Milano, Copenhagen e Amsterdam. Questi incontri hanno attirato 130 professionisti provenienti da oltre 100 aziende del lusso e della moda.
"I marchi parigini si distinguono per l'attenzione alla circolarità e per l'adozione precoce di soluzioni Digital product passport. I marchi milanesi danno priorità alle misurazioni dell'impatto ambientale e al il rafforzamento dei rapporti con i consumatori. Le aziende di Copenaghen sono in fase esplorativa, concentrarsi sul lavoro di tracciabilità", spiega il report. I marchi di Amsterdam, invece, mostrano una maggiore sensibilità verso l'impatto sociale e la responsabilità culturale.
La startup, co-fondata da Iris Skrami e da Piero Puttini, ha inoltre evidenziato che le aziende vogliono evitare di compilare moduli, gestire certificazioni dei fornitori e organizzare i processi di back-end. "È qui che soluzioni come Renoon entrano in gioco”, ha spiegato Iris Skrami, cofondatrice e ceo di Renoon.
I brand vogliono evitare di compilare moduli e gestire certificazioni
Mentre la maggior parte delle aziende si sente frustrata, quelle che hanno investito in iniziative di sostenibilità negli anni precedenti, vedono ora la legislazione come un ulteriore miglioramento dei loro sforzi in materia di sostenibilità. Per marchi che hanno costruito le loro attività su pratiche responsabili, la legislazione si è trasformata un vantaggio competitivo, che li distingue nel settore, si legge nel report.
“Non si trattava di vedere il cambiamento, ma di sentirne l'opportunità. Sapevamo che la trasparenza sarebbe stata importante, non per le leggi, ma perché era la cosa giusta da fare. Non abbiamo aspettato i regolamenti; abbiamo creato Artknit Studios con questo istinto fin dall'inizio", ha detto Alessandro Lovisetto, fondatore e ceo di Artknit Studios.
“Dobbiamo accorciare la distanza tra il processo creativo e la catena di fornitura, due aspetti che attualmente sono troppo scollegati l'uno dall'altro", ha spiegato Andrea Rosso, ambasciatore della sostenibilità presso Diesel.
I dati sono il nuovo oro
In questo scenario, come sottolineato dalle aziende durante le tavole rotonde, i dati sono il nuovo oro. Come spiega Iris Skrami, "molte aziende non si sono ancora mosse perché una delle più grandi sfide è capire come standardizzare i sistemi e le loro infrastrutture di dati”. Molte realtà si trovano bloccate davanti a questi quesiti: quali dati raccogliere? Come come raccoglierli? Come devono essere comunicare ai clienti finali?
"Questa confusione deriva da due fatti principali. Da un lato le aziende non hanno ancora ben chiaro che requisiti devono possedere i dati. Dall'altro, non è mai stato chiesto loro di raccogliere e gestire una tale quantità di dati sulle loro lunghe e complesse catene di fornitura", si legge nel report.
Per le aziende, un passo fondamentale nell'avvio delle attività di raccolta dei dati è l'assegnazione della proprietà. Chi è responsabile della gestione di queste attività? Chi possiede le competenze necessarie? Questo ruolo richiede una profonda conoscenza della legislazione per identificare i requisiti dei dati, la capacità di interagire con i fornitori e di sfruttare le connessioni di sourcing, e l'esperienza per supervisionare l'implementazione.
I fornitori sperimentano la "stanchezza dei dati"
Inoltre, le aziende che hanno iniziato il processo di raccolta di informazioni spesso si trovano ad affrontare sfide significative con fornitori non collaborativi. La collaborazione con i fornitori è fondamentale per la raccolta dei dati, tuttavia molti fornitori sperimentano la “stanchezza da dati”, una sensazione di essere sopraffatti dalle ripetute richieste di informazioni. "Questa resistenza può ritardare i progressi e complicare gli sforzi di conformità", spiega il report.
"Molti esitano ad agire e a definire ciò di cui hanno bisogno, in attesa di direttive legislative più chiare. Questa incertezza ha creato una barriera significativa al progresso, che rende difficile per le aziende impegnare risorse per un'iniziativa che rimane in gran parte non definita", è uno dei grandi temi raccontato nel report.
Tra le città, Amsterdam e Parigi si distinguono per una maggiore consapevolezza della legislazione e per i progressi nello sviluppo dei Dpp. Copenaghen e Milano stanno impiegando più tempo per valutare, con alcune aziende che devono ancora ancora iniziare a raccogliere le informazioni necessarie.
Come sottolinea Giovanni Faccioli, senior partner fashion e luxury sector di Deloitte, “vediamo che la maggior parte delle aziende sta ancora cercando di capire cosa devono fare. Naturalmente la compliance le sta costringendo ad adattarsi e a rivolgersi a società di consulenza, per aiutarle a identificare il divario tra le pratiche attuali e i requisiti stabiliti dalle normative”.
La sostenibilità non può fare affidamento solo sulla domanda di mercato
Evidenziato lo stato dell'arte e le difficoltà, il report di Renoon, evidenzia anche che i consumatori sono riluttanti a pagare di più per l'abbigliamento etico. L'industria del fast fashion, valutata a 136,19 miliardi di dollari nel 2024, continua a espandersi rapidamente, e si prevede che raggiungerà i 291,1 miliardi di dollari entro il 2032 (Uniform Market, 2024). Questa posizione dominante deriva dalla convenienza e dall'economicità, che le alternative sostenibili faticano a eguagliare all'interno dell'attuale infrastruttura di mercato. Questo evidenzia un limite fondamentale: la sostenibilità non può fare affidamento solo sulla domanda del mercato. "Per affrontare barriere sistemiche richiede un intervento normativo, come la recente legislazione europea, che mira alla sostenibilità ridisegnando gli incentivi economici e richiedendo alle aziende una maggiore trasparenza nelle loro pratiche" si legge nel report.
- Le aziende di moda lottano con le nuove normative sulla sostenibilità, affrontando sfide nella raccolta e gestione dei dati, e nella collaborazione con i fornitori.
- Un report di Renoon evidenzia la frustrazione delle aziende, con variazioni di approccio tra le città europee, e l'importanza dei dati per la conformità.
- La sostenibilità richiede interventi normativi oltre alla domanda di mercato, dato che il fast fashion domina a causa della convenienza e dell'economicità.