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Sostenibilità: quali sono i passi giusti per una strategia mirata

Scritto da Isabella Naef

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Moda

Le griffe della moda spingono sulla sostenibilità: da qualche anno a questa parte i principali gruppi del fashion system si sono attivati con strategie ad hoc in grado di traghettarli verso obiettivi ambiziosi in termini di impatto ambientale. Quello che è cambiato radicalmente rispetto al passato è il loro approccio che oggi si fa scientifico e misurabile. Sulle pagine di Fashionunited.it trovano spazio, quasi quotidianamente, strategie e progetti dei marchi della moda, così come studi e analisi puntuali sullo stato dell'arte dell'industria del fashion.

I brand della moda devono misurare la propria impronta climatica e definire gli obiettivi

Un grande spartiacque tra la sostenibilità sbandierata da diversi brand più come una trovata di marketing che come una strategia vera e propria, è arrivato dal Fashion pact. Oggi il Fashion pact è una coalizione composta da oltre sessanta aziende globali del settore della moda e tessile (ready-to-wear, sport, lifestyle e lusso), oltre ai fornitori e distributori, impegnati al raggiungimento di una serie di obiettivi condivisi e focalizzati su tre aree principali: arrestare il riscaldamento globale, ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani. Promosso come incarico affidato dal presidente francese Emmanuel Macron a François-Henri Pinault, presidente e ceo di Kering, il Fashion pact è stato presentato ai capi di stato in occasione del vertice del G7 di Biarritz, nell'agosto 2019.

Le aziende del Fashion pact rappresentano oggi oltre 200 brand e 1/3 dell’industria della moda. Tra i firmatari figurano Adidas, Aldo group, Bally, Bonaveri, Burberry, Calzedonia, Chanel, Ermenegildo Zegna, Farfetch, Gant, Geox, il Gruppo Armani, H&M Group, Hermès, Herno, Inditex, Mango, Moncler, Nike, Prada spa, Salvatore Ferragamo, Ralph Lauren, Pvh Corp, Stella McCartney e Tendam.

I membri si sono impegnati a favore dei Science based targets per il clima, al fine di raggiungere la neutralità di carbonio entro il 2050. Attuare i principi della carta delle Nazioni Unite per la sostenibilità della moda; ottenere un approvvigionamento di materie prime per il 25 per cento a basso impatto ambientale entro il 2025 e raggiungere una percentuale del 50 per cento di energie rinnovabili entro il 2025 e del 100 per cento entro il 2030 sono altri impegni.

Per quanto riguarda gli oceani, inoltre, il primo obiettivo del Fashion pact è l’eliminazione di tutta la plastica superflua e fonte di inquinamento presente negli imballaggi. Nel dettaglio, i membri si impegnano a completare l’eliminazione della plastica negli imballaggi business to consumer entro il 2025 e negli imballaggi business to business entro il 2030 e ad assicurare che siano realizzati in plastica riciclata al 100 per cento almeno metà degli imballaggi business to consumer entro il 2025 e almeno metà degli imballaggi business to business entro il 2030.

Ma concretamente quali sono i passi fondamentali che un'azienda deve fare per mettere in piedi una strategia efficace in tema di sostenibilità? In primo luogo bisogna misurare la propria impronta climatica. Il carbon footprint rappresenta un indicatore per la misurazione, il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica delle emissioni e delle rimozioni di gas serra a livello di un prodotto o di un servizio ed è definita come la quantità totale di gas serra a essi associata.

"Stiamo vivendo un capitolo nuovo su questo fronte rispetto ad alcuni anni fa. Ora rileviamo un forte impegno sulla sostenibilità ambientale poichè si adotta un approccio maggiormente rigoroso", ha spiegato a FashionUnited, Simone Pedrazzini, direttore di Quantis Italia. Quantis, nata nel 2006 come start-up in seno al Politecnico di Losanna, è attiva nella consulenza sulle tematiche di sostenibilità ambientale, con sedi in Francia, Germania, Stati Uniti, Svizzera e Italia. Tra i clienti della società anche Kering, Lvmh, Loro Piana, Otb/Diesel e Stone Island.

"Siamo sicuramente a un livello migliore rispetto al passato", ha aggiunto Pedrazzini, sottolineando che molti brand stanno lavorando con i fornitori in quanto per ottenere risultati interessanti è fondamentale coinvolgere la filiera.

Quantis accompagna le società nelle tappe del percorso di sostenibilità ambientale, dall’analisi alla definizione degli obiettivi, per arrivare all’implementazione di soluzioni praticabili, condivise e durature. L’obiettivo dei progetti delle diverse industry è trasformare le più pertinenti evidenze scientifiche in strumenti operativi al servizio del business: attraverso la definizione di strategie resilienti, basate su metriche affidabili, omogenee e coerenti.

Per esempio, rispetto al tema del cambiamento climatico, "aiutiamo le aziende nell’aderire all'iniziativa globale Science based target, in linea con gli accordi sul clima di Parigi, sia per la definizione di obiettivi percorribili, sia per la costruzione di piani d’azione concreti, specifici e condivisi, sia per attività di sensibilizzazione", ha proseguito Pedrazzini.

Un altro aspetto rilevante relativo all'implementazione delle strategie è il ritorno degli investimenti da parte dell'azienda. Se sull'ammontare di questi ultimi Quantis non si sbilancia, indicando una forbice di costi che va dai 20mila ai 200mila euro, pare che in termini reputazionali il vantaggio sia assicurato. "C'è un ritorno reputazionale legato agli investitori e alla gestione di talenti", ha concluso Pedrazzini, specificando che a questi si sommano i risparmi energetici legati all'adozione di strategie sostenibili.

Foto: Pexels

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