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Unic: l’emergenza sanitaria induce alla massima prudenza

Scritto da Isabella Naef

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Il 2021 per il settore della conceria si "è caratterizzato per difficoltà di approvvigionamento e l’aumento, anche a doppia cifra, delle pelli e dei prodotti chimici, dei costi energetici, che stanno spingendo l’inflazione”. Questo quanto è emerso, qualche settimana fa, durante l’Assemblea annuale di Unic, Unione concerie italiane, associazione mondiale del settore conciario (aderente a Confindustria e Confindustria moda) che rappresenta circa 1.200 aziende, 17.500 addetti e indirizza il 75 per cento della sua produzione annua all’export.

Durante l'assemblea gli associati hanno messo l'accento sulla necessità della prudenza, sull'urgenza di promuovere l’eccellenza della pelle italiana e sul valore del modello distrettuale.

“L’emergenza sanitaria, ancora in corso, induce alla massima prudenza”, ha spiegato Fabrizio Nuti, presidente Unic al giro di boa del primo anno di mandato. Una prudenza che la progressione dei dati di settore richiede come necessaria. “Ci lasciavamo a fine 2019 con qualche indicatore in flessione: fatturato -6 per cento, produzione -9 per cento, export -8 per cento. Tra febbraio-marzo 2020, violenta e del tutto inattesa, ci colpiva la pandemia” e, alla fine dello scorso anno “registravamo cali consistenti in termini di fatturato (-23 per cento), produzione (-16 per cento) ed export (-25 per cento)”. Poi, è arrivato il 2021, che si sta concludendo e “si è caratterizzato per difficoltà di approvvigionamento e l’aumento, anche a doppia cifra, delle pelli e dei prodotti chimici, dei costi energetici, che stanno spingendo l’inflazione”. Un contesto congiunturale particolarmente complesso, nel quale “è essenziale non registrare perdite di marginalità a fine anno” e che esprime un “fatturato al +23 per cento, export +25 per cento, produzione +13 per cento, con rialzi diffusi (e spesso a doppia cifra) in tutti i principali comprensori e su quasi tutti i segmenti produttivi per tipologia animale e destinazione d’uso.

“È importante far sapere a tutti che ciò che è stato fatto in Italia in termini di investimenti alla ricerca di una sostenibilità completamente circolare", ha aggiunto Nuti, "non è stato fatto in nessuna altra parte del mondo. E questo è un fatto e non è in discussione”. Però, “la presenza di realtà all’estero meno attente ai problemi sociali, di sicurezza e ambientali, finisce col danneggiare l’immagine dell’intero comparto”. Serve, allora, il rafforzamento del “lavoro culturale, educativo, sociale” che Unic porta avanti da anni “intensificando l’attività di comunicazione verso gli stakeholder determinanti”.

La matrice vincente della conceria italiana, da difendere e valorizzare, è secondo Nuti quella distrettuale: “La nostra realtà produttiva basa da sempre il suo valore su un sistema territoriale che la alimenta e ne viene a sua volta alimentato. Non possiamo non riconoscere che lo sviluppo e il successo di noi piccole e medie imprese lo dobbiamo ai distretti e al loro sistematizzare un modello che rimane unico al mondo, quello della concia italiana.

Foto: Pexels
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