Riflessioni sul lavoro svolto per Giorgio Armani mentre lo stilista compie 90 anni
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Giorgio Armani compie novant'anni oggi, 11 luglio. Avendo raggiunto questa impressionante pietra miliare della vita non posso fare a meno di riflettere sul mio periodo come stilista di abbigliamento femminile nel suo team all'inizio del nuovo millennio. Sono arrivata nella sede centrale di Armani a metà dei miei 20 anni. Avevo appena completato il mio Master al Central Saint Martins di Londra, che a quel tempo era un luogo fatiscente e senza legge dove studenti e docenti vestiti in modo chiassoso si maledicevano a vicenda e ad alto volume nei corridoi, un rituale che in qualche modo ispirava rispetto reciproco. Ed eccomi li, con l'aspetto di chi è stato trascinata all'indietro attraverso una siepe, trapiantata nel più pittoresco quartiere storico di Brera, a Milano, in questo palazzo di stanze ariose che ospitava tutte le attività di design di Armani.
Immediatamente sono stata colta da trepidazione. I membri eleganti e raffinati del team di Armani mi avrebbero vista come un'estranea e mi avrebbero cacciata nella strada acciottolata da dove arrivavo. In effetti, è stata una preoccupazione costante per me durante i miei sei anni trascorsi lì.
Per appartenere alla cerchia ristretta di Armani dovevi apparire e comportarti come tale. Dovevi parlare a bassa voce, camminare piano, disegnare con delicatezza. Dovevi possedere la capacità di indossare pantaloni larghi come Katharine Hepburn in The Philadelphia Story in un momento in cui Kate Moss dominava Glastonbury con i suoi jeans skinny.
Il maestro della moda italiana compie 90 anni
Mentre gli italiani si riferivano a lui con grande riverenza chiamandolo "Il Maestro", noi, suoi dipendenti, ci rivolgevamo allo stilista, famoso a livello mondiale, chiamandolo Signor Armani. Ci si aspettava da noi una formalità, se non una sottomissione, nelle nostre interazioni quotidiane con lui. E come donne abbiamo imparato rapidamente che avremmo dovuto incarnare la filosofia di Armani in ogni modo. Trovava piacevoli alcuni tratti fisici e noi abbiamo cercato di soddisfare queste preferenze: una testa piccola (che poteva essere ottenuta con berretti o acconciature), petto piatto, busto lungo, aria leggermente distaccata e una certa fluidità di genere, allora chiamata "androginia". Molti dei suoi look preferiti per l'abbigliamento femminile erano basati su quella che lui chiamava l'estetica "garçon". E anche se ne sono stata indubbiamente influenzata, non mi sento tentata di proiettare l'odierna lente della "body positivity" su questa esperienza di vent'anni fa.
Ero una giovane stilista e stavo imparando a parlare "Armani" allo stesso tempo in cui stavo imparando a parlare italiano. Ma ero stata assunta insieme ad altri giovani creativi provenienti da celebri percorsi formativi di moda per introdurre qualcosa di diverso nel lessico della casa e in particolare nella linea Emporio Armani che era rivolta a una clientela più giovane. Le seconde linee erano un grande affare tra i marchi italiani all'epoca: Prada aveva Miu Miu; Dolce & Gabbana aveva D & G, Moschino aveva Cheap & Chic, Versace aveva Versus. Il mio portfolio non rifletteva l'estetica di Armani, ma il responsabile delle assunzioni sembrava pensare che un po' di attrito avrebbe migliorato non solo il processo di progettazione, ma alla fine anche le passerelle.
Ma nessuno sembrava averlo detto al Signor Armani. Di conseguenza, spesso parlavo male, esprimevo opinioni sconsiderate e venivo rimproverata dal maestro stesso durante le tese giornate di preparazione della sfilata. Un "crimine" che spesso commettevo era proporre una scarpa o una borsa che lui riteneva semplicemente fuori questione.
Eppure, posso confermare che è un maestro. L'incomparabile rigore con cui comprende il colore non è della scuola di armonia contrastante di Dries Van Noten o Pierpaolo Piccioli. Vedere Giorgio Armani al lavoro, osservarlo sovrapporre tonalità e trame, è come assistere a una sinfonia, un adagio: delicato, intimo e sostenuto. Il suo tessuto svolazzante distintivo, l'affascinante luccichio delle perline e la silhouette flessuosa si sommano a un punto di vista unico che è immediatamente riconoscibile.
E in un panorama di lusso in cui ogni stilista realizza la propria versione di marchio dello stesso articolo, è più chiaro che mai che il lavoro di Giorgio Armani non è destinato a essere paragonato alle altre maison italiane. Reinventare i codici che lo hanno affascinato dagli anni '70 lo lascia eternamente ispirato e può solo essere accusato di copiare sè stesso.
Quei sei anni con Armani si contraddistinguono come uno dei periodi più formativi della mia vita. È facile entrare in un'azienda in cui il tuo stile si allinea perfettamente con la visione del marchio. Ma a causa del mio costante nuoto controcorrente, sono cresciuta personalmente in modo irriconoscibile. Sono cresciuta nei miei colori. Ho persino cosparso qualche manciata di magia sulla sua passerella. Ripensandoci ora, essere stata ammessa nel sacro circolo di Armani così presto nella mia carriera professionale, lo considero sia un onore, sia un privilegio.
L'anno prossimo l'azienda di Armani compirà cinquant'anni, mentre lo stilista ne compie oggi 90. Ed è con sincero piacere e gratitudine che porgo al maestro tanti auguri.
Pubblicato originariamente sull'edizione americana, tradotto per fashionunited.it da Isabella Naef