Comptoir des Cotonniers chiude i negozi in Francia: il retail si deve adeguare al cambiamento
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Il veloce ricambio delle insegne delle catene della moda si fa notare nelle principali città italiane. A Milano e in altre città in Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo e Sicilia, per esempio, sono recentemente spariti negozi come Camaïeu. L'agosto scorso si sono spente le luci che illuminavano le cinque vetrine del negozio Gap in corso Vittorio Emanuele II, a Milano. Anche all'estero si registra lo stesso fenomeno. Fast Retailing France, filiale dell'omonimo colosso giapponese, ha annunciato lunedì che sta valutando la chiusura di 55 negozi Comptoir des Cotonniers e Princesse Tam Tam su 136 in Francia, oltre al taglio di 304 posti di lavoro.
Prevista la chiusura di 28 negozi Comptoir des Cotonniers e di 27 Princesse Tam Tam
Nel dettaglio, la riorganizzazione prevede la chiusura di 28 dei 67 punti vendita attualmente gestiti da Comptoir des Cotonniers e di 27 dei 69 punti vendita gestiti da Princesse Tam Tam. In totale si tratta di 55 punti vendita. Il che comporterà la perdita di 185 posti di lavoro in totale, 101 per Comptoir des Cotonniers e 84 per Princesse Tam Tam. Ci saranno anche 119 tagli di posti di lavoro nella sede centrale di Fast Retailing France "per adattare la forza lavoro alla riorganizzazione della rete di distribuzione, ma anche per ridurre il suo sovradimensionamento". Le chiusure dei negozi saranno completate entro agosto 2024, ma il sostegno ai dipendenti sarà "garantito per un periodo più lungo", ha aggiunto il management del gruppo parlando con l'agenzia di stampa Afp. Previsto un pacchetto di sostegno sociale che comprende proposte di ricollocazione all'interno del gruppo e un piano di esodo volontario.
L'azienda ha anche fatto sapere che è prevista l'introduzione di corner con articoli Princesse Tam Tam e Comptoir des Cotonniers nei negozi Uniqlo, e ha annunciato un nuovo concept di negozio che combina le offerte dei due marchi.In atto un cambiamento epocale del retail fisico, sia a causa dell'ecommerce, sia del mutamento delle abitudini di acquisto
Ma al di la della cronaca brutale delle chiusure e degli esuberi, queste manovre, soprattutto a opera di grandi gruppi, vanno lette nella direzione di un cambiamento epocale del retail fisico, sia a causa dell'ecommerce, sia di fenomeni sociali e abitudini di acquisto e di vita succcessive alla pandemia.
Molte catene evidentemente non sono riuscite ad adeguarsi e a evolversi rispetto a tali mutamenti. La lacuna, in parecchi casi, va rintracciata in una scarsa cura del marchio e della sua proposta valoriale. In un mercato dove i brand sono tanti è impensabile cercare di differenziarsi esclusivamente sul piano della tendenza, magari scimmiottando altre etichette, oppure cercando di accaparrarsi altre quote di mercato solo grazie a promozioni o politiche di prezzo.
Una strategia poco mirata e flessibile rispetto alla inesorabile digitalizzazione del comportamento d'acquisto, in diversi casi, infine, è stata fatale anche per marchi quasi storici, davanti alle cui porte, anni addietro, si formavano code di clienti.