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Corsa allo shopping in Francia: code di più di un'ora davanti a Zara

Scritto da Herve Dewintre

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Retail

Cosa accadrà da lunedì con la riapertura dei negozi in Italia? Ci saranno lunghe code come sta accadendo a Parigi? A qualche ora dalla riapertura degli store in Francia emergono due tendenze molto chiare: da un lato ci sono coloro che desiderano tornare nei loro negozi preferiti; dall'altro ci sono le persone preoccupate dalle code e dal ritorno in massa nei punti vendita fisici.

Le code si estendono in tutta la Francia, da Parigi ad Aix, da Digione a Bordeaux, a Lione, ma anche in Belgio

Un marchio cristallizza queste due tendenze attorno al suo nome: Zara. Ieri, primo giorno di riapertura dei negozi (tranne ristoranti e caffè) dopo più di 50 giorni di quarantena, i social network sono stati presi d'assalto con foto e video di code impressionanti che si estendevano davanti ai negozi del famoso marchio spagnolo di fast fashion.

Le code non sono un fenomeno isolato: si estendono in tutta la Francia, da Parigi, a Aix, da Digione, a Bordeaux, a Lione, a Villeneuve d'Ascq, ma anche in Belgio.

Per tutto il giorno, il marchio spagnolo è stato in cima ai temi di tendenza, agli argomenti più discussi sul social network twitter. I commenti sono stati estremamente negativi, a volte anche ferocemente ostili. Molti hanno denunciato, con tono ironico o aggressivo, la pericolosità di questi raduni.

Questi commenti sono stati accompagnati da video che mostravano l'entità delle code che, dalle 9 di mattina in rue de Rivoli a Parigi o in rue Sainte Catherine a Bordeaux, nonostante il tempo inclemente, hanno fatto da sfondo alle vetrine.

Alcuni commentatori, sfidando il consenso della critica, hanno tuttavia sottolineato che le code sono state certamente impressionanti, ma che devono essere viste non solo come la manifestazione di una febbre da acquisto irrazionale e pericolosa, ma anche come la conseguenza di misure sanitarie che impongono una distanza di un metro tra i clienti.

Insomma pare che, almeno in un primo momento, e forse a causa del previsto "shopping di vendetta" dopo la quarantena, sia sfumata l'ipotesi azzardata da chi aveva previsto un consumatore alla ricerca di capi durevoli.

Fra qualche giorno, dal 18 maggio per la precisione, anche l'Italia potrà testare con mano se il consumatore italiano sia cambiato o se abbia conservato le stesse abitudini pre pandemia.

Intanto i dati di marzo sulle vendite sono "inquietanti", come ha sottolineato Confcommercio.Numeri alla mano,a marzo 2020 l’Istat stima infatti flessioni rispetto a febbraio pari al 20,5 per cento in valore e al 21,3 per cento in volume.

A determinare l'eccezionale calo sono le vendite dei beni non alimentari, che diminuiscono del 36 per cento in valore e del 36,5 per cento in volume, mentre quelle dei beni alimentari sono stazionarie in valore e in lieve diminuzione in volume (-0,4 per cento).

Su base tendenziale, il calo registrato è pari al 18,4 per cento in valore e del 19,5 per cento in volume.

Testo tradotto dall'edizione francese fashionunited.fr e riadattato e integrato per fashionunited.it

Foto: Screenshot di Twitter

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