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I negozianti scrivono a Conte: non chiediamo soldi a pioggia. chiediamo misure

Scritto da Isabella Naef

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Retail

Confimprese, che riunisce 180 associati per un totale di 350 marchi, e Federdistribuzione, hanno messo nero su bianco una serie di proposte per la fase di emergenza data dalla pandemia da Covid-19. Si va dagli obblighi di pagamento, che devono essere congelati e posticipati almeno fino a settembre, a una revisione delle condizioni contrattuali degli affitti anche post riapertura, allo slittamento, almeno fino a settembre dei termini di pagamento dell'Iva e dei contributi.

Sabato 4 aprile Confimprese e Federdistribuzione hanno pubblicato una lettera sui principali quotidiani

Le proposte sono state raccolte in una lettera inviata al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, al ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri e al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. La lettera è stata pubblicata sabato sui principali quotidiani italiani e sottoscritta, tra gli altri, da Alcott, Calzedonia Group, da Carpisa, da Coin, da Dondup, da Gutteridge, da Liu Jo, da PittaRosso, da Ovs, da Pinko, da Twinset, da Yamamay.

I negozianti chiedono lo slittamento dell'Iva almeno a settembre e il congelamento degli affitti

"Per le nostre imprese, ma ancora di più per le persone che con noi lavorano, stiamo lottando. Il blocco totale delle nostre attività sta diventando insostenibile in assenza di misure adatte a fronteggiare l’emergenza, sottolineano le associazioni nella lettera.

Il 30 per cento dei negozi non riaprirà piu

"Non chiediamo soldi a pioggia. Chiediamo misure. Noi, esclusi dal decreto “Cura Italia”, vorremmo indicare una strada. Il solo settore retail non food rappresenta 110 miliardi di fatturato, un milione di lavoratori, quasi 5 miliardi di contributi versati ogni anno. Oltre 20 miliardi di Iva. Almeno 15 miliardi di affitti", si legge, ancora, nella lettera.

Il 3 aprile, inoltre, è stato sottoscritto tra Federdistribuzione e dalle Organizzazioni sindacali un avviso comune in cui è denunciato lo stato di crisi del settore della distribuzione moderna non alimentare.

“Insieme alle organizzazioni sindacali abbiamo voluto sottoscrivere un documento nel quale presentare la gravità della situazione in cui versa la distribuzione moderna non alimentare", ha sottolineato Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione. " Un quadro davvero drammatico: negozi chiusi; fatturati pari a zero; crisi di liquidità senza precedenti; merce in casa da pagare ai fornitori o già pagata e non vendibile; paralisi del traffico commerciale ma con costi fissi di struttura quali tasse centrali e locali, canoni di locazione, fornitori".

Numeri alla mano, il 30 per cento dei negozianti in Lombardia pensa che, a causa dell’emergenza Coronavirus, non riaprirà più i negozi alla ripresa delle attività per mancanza di liquidità, il 13 per cento conta di riaprire, mentre il 57 per cento non lo sa ancora.

Queste percentuali sono state elaborate dal Centro studi Confimprese, che ha effettuato un sondaggio (chiuso il 31 marzo) sulla base associativa (rappresentativa di 350 brand commerciali, 40mila punti vendita e 700mila addetti) in merito alla riapertura dei negozi nel dopo emergenza e alla salvaguardia dei livelli occupazionali.

"La base associativa nella sua totalità", ha osservato Mario Resca, presidente Confimprese, "dichiara di avere perso il 90 per cento dei fatturati, pari a un mese di chiusura forzata. Il 30 per cento pensa che, a causa dell’emergenza Coronavirus, non riaprirà più i negozi alla ripresa delle attività per mancanza di liquidità, il 13 per cento conta di riaprire, mentre il 57 per cento non lo sa ancora. Una risposta, quest’ultima, che sottolinea lo stato di incertezza della maggior parte degli operatori e che lascia una zona d’ombra che, solo con il riavvio delle attività commerciali, potrà essere sciolta", ha aggiunto Resca.

Intantom i retailer Confimprese hanno deciso il blocco dei pagamenti dei canoni di affitto ai 235 centri commerciali della Lombardia e nei centri storici/periferici di tutte le città lombarde. In pratica, sarà richiesto un provvedimento legislativo che sospenda gli affitti per il periodo di chiusura imposto e obbligatorio degli esercizi commerciali, come già avvenuto in Francia.

Foto: Pexels

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