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Vendite al dettaglio: più penalizzati i negozi di abbigliamento e calzature

Scritto da Isabella Naef

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L'Istat a gennaio 2021 stima un calo congiunturale per le vendite al dettaglio del 3,0 per cento in valore e del 3,9 per cento in volume. A una lieve crescita delle vendite dei beni alimentari (+0,1% per cento in valore e +0,3 per cento in volume) si contrappone una forte riduzione per i beni non alimentari (-5,8 per cento in valore e -7,2 per cento in volume), sottolinea l'Istat in una nota.

Istat: le flessioni più marcate riguardano calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-36,4 per cento) e abbigliamento e pellicceria (-33 per cento)

Nel trimestre novembre 2020-gennaio 2021, le vendite al dettaglio diminuiscono in termini congiunturali del 6,7 per cento in valore e del 7,3 per cento in volume. Nel dettaglio, l’andamento negativo è determinato dai beni non alimentari che calano del 13,2 per cento in valore e del 14 per cento in volume, mentre le vendite dei beni alimentari sono in crescita (+1,9 per cento sia in valore, sia in volume).

Per quanto riguarda i beni non alimentari, l'Istat registra variazioni tendenziali negative per quasi tutti i gruppi di prodotti a eccezione di elettrodomestici, radio, tv e registratori (+11,7 per cento) e dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (+9,9 per cento). Le flessioni più marcate riguardano calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-36,4 per cento) e abbigliamento e pellicceria (-33 per cento).

Rispetto a gennaio 2020, scrive l'Istat, "si registra una diminuzione assai ampia delle vendite al di fuori dei negozi (-18,7 per cento) e di quelle delle imprese operanti su piccole superfici (-14,3 per centi); calano lievemente anche le vendite della grande distribuzione (-1,5 per cento). L’unica forma distributiva che segna una decisa crescita è il commercio elettronico (+38,4 per cento).

"Il dato di gennaio disegna un quadro peggiore di quanto atteso. Le restrizioni alle attività produttive e alla mobilità, territoriali e nazionali, hanno ancora una volta fortemente condizionato la domanda", ha commentato Confcommercio. "In questo contesto i più penalizzati sono i negozi di piccole dimensioni del non alimentare, soprattutto di abbigliamento e calzature. Non può consolare che andamenti negativi di entità simile si registrino anche in altri grandi Paesi europei. Una caduta della loro domanda può solo amplificare le difficoltà produttive dell’Italia", ha aggiunto l’Ufficio studi di Confcommercio.

Insomma, dati alla mano, il 2021, l’anno della ripartenza, è cominciato molto male. "Sulla scorta dei dati di gennaio, è necessario e urgente progettare un provvedimento di ristoro efficace e non discriminatorio, neppure sulla base di troppo elevate soglie di perdita di fatturato per avere accesso ai benefici", ha esortato Confcommercio.

Foto: Pexels

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