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Il Mimit mette nero su bianco le norme per rafforzare la competitività e la reputazione della filiera moda italiana

Scritto da Isabella Naef

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Moda
il senatore Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy. Credits: Mimit

Come anticipato da FashionUnited nelle scorse settimane, prosegue l'attività del Mimit e delle associazioni della moda per tutelare il made in Italy. Ieri, il ministero delle Imprese e del made in Italy, infatti, ha fatto sapere che sono stati introdotti, con specifici emendamenti al disegno di legge sulle pmi, in via di approvazione entro la sessione di Bilancio, gli interventi normativi anticipati a fine luglio dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, durante il Tavolo della moda. "Si tratta di misure volte a rafforzare la competitività e la reputazione internazionale della filiera moda italiana, introducendo un sistema di certificazione unica di conformità", si legge in una nota.

Il ministro Urso ha informato i principali attori del sistema, da Camera della moda italiana, a Confindustria Moda, a Fondazione Altagamma

“Abbiamo predisposto misure che certifichino sostenibilità e legalità, per contrastare quei comportamenti illeciti di pochi che rischiano di compromettere la reputazione di un intero comparto” ha detto Urso. “Un risultato frutto della collaborazione con le associazioni del settore. Ho informato i principali attori del sistema con i quali ci eravamo confrontati, Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana, Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda, e Matteo Lunelli, presidente della Fondazione Altagamma”.

All'origine di questa iniziativa i casi di caporalato che hanno visto coinvolte diverse aziende della moda tra cui, negli ultimi mesi, Loro Piana e Valentino Bags.

L’iniziativa, sottolinea il Mimit, promossa in stretta collaborazione con le rappresentanze di settore aderenti al Tavolo della moda, mira a tutelare l’immagine e la reputazione del saper fare italiano in un comparto strategico per l’economia nazionale, caratterizzato da filiere articolate, con brand capofila e una rete di fornitori sia italiani, sia esteri. La certificazione rappresenterà una sorta di “bollino di garanzia”, avrà durata di un anno e sarà soggetta a controlli periodici tramite ispezioni e audit.

Istituito al ministero delle Imprese e del made in Italy un registro pubblico delle aziende certificate

Verrà istituito al ministero delle Imprese e del made in Italy un registro pubblico delle aziende certificate, strumento che consentirà sia un monitoraggio costante sia l’adozione di eventuali misure sanzionatorie, inclusa la revoca della certificazione, in caso di perdita dei requisiti.

Nell’ambito dello stesso provvedimento, inoltre, la sezione Destinazione Italia introduce misure per attrarre investimenti e competenze straniere.

Nello specifico, il testo prevede il visto per lavoro autonomo a dirigenti d’azienda di imprese estere con capitale sociale superiore al milione di euro e con una sede operativa in Italia, agevolazioni per investitori stranieri in operazioni strategiche entro 6 mesi dalla richiesta del nulla osta, agevolazioni fiscali per pensionati esteri che intendono trasferirsi in comuni con meno di 60 mila abitanti nel Centro-Sud del Paese e delle facilitazioni per chi sceglie l’Italia come sede per lavorare da remoto e pianifica il pensionamento in città medie italiane.

Nel complesso disposizioni normative che mirano a rafforzare la competitività del made in Italy, in particolare a tutelare l’eccellenza e il prestigio del settore moda in tutta la sua catena produttiva, e a rendere il Paese sempre più attrattivo per investitori e professionisti esteri.

Come evidenziato dal nostro giornale, inoltre, i recenti casi di caporalato fanno emergere un tema che ha a che fare con la trasparenza e la comunicazione, ossia con la capacità delle imprese di sapere raccontare con sincerità, semplicità e cura, cosa è davvero il made in Italy e come lo si fa. Insomma, dire che un prodotto è made in Italy senza spiegare cosa significa concretamente non basta più a "incantare" il cliente, soprattutto alla luce degli episodi di sfruttamento e mancanza di sicurezza sul lavoro che hanno coinvolto marchi blasonati. Inoltre, sapere che una borsetta griffata o un capo di lusso ha un prezzo al pubblico di migliaia di euro ma viene pagato al fornitore poche decine di euro dalla griffe, come emerso da alcune indagini, acuisce il problema e allontana i consumatori dalle griffe.

Molto spesso i marchi "ostentano" la qualità dei capi ma faticano a dire quanto pesa sul prezzo finale.

Camera Nazionale Della Moda Italiana
Caporalato
Confindustria Moda
Mimit